Aiuti per le persone dell’Aquila

Vi informiamo che chi volesse dare un amano a tutte le persone colpite dal terremoto all’Aquila può portare vestiti e cibo (in scatola, pasta e riso) presso la Croce Rossa di Padova.

 

 PsicoPadova 

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Quando il passato non insegna

Ovviamente questo non è il momento di discutere di colpe, ma è il momento di agire.

Tuttavia per una volta il nostro Paese potrebbe imparare dalle tragedie che affronta, per cui vi propongo questo stralcio di articolo di Gian Antonio Stella: non per criticare aridamente, ma per non dimenticare, perchè credo che a volte le "calamità sono principio di Risorgimento".

EROI E VECCHI CAMION, LE DUE ITALIE

[…] Come fai a non arrabbiarti, a guardare le foto­grafie della biblioteca della scuola ele­mentare crollata a Goriano Sicoli o, peg­gio ancora, dell’ospedale (l’ospedale!) dell’Aquila? Sono anni che si sa come si dovrebbe costruire, nelle aree a rischio. Non sono serviti a niente la durissima lezione del terremoto ad Avezzano né gli avvertimenti degli esperti che da decen­ni ricordano come le zone più esposte si­ano quella a cavallo dello Stretto di Mes­sina, la Sila in Calabria, il Forlivese, la Garfagnana e la Marsica né il disastro di qualche anno fa in cui morirono i piccoli di san Giuliano. A niente. «Dopotutto non è la natura che ha ammucchiato là ventimila case di sei-sette piani», disse furente Jean-Jacques Rousseau a proposi­to del catastrofico terremoto di Lisbona del 1755. L’uomo non può sfidare impu­nemente la natura: questo voleva dire. Non può contare, spensieratamente, so­lo sulla buona sorte. Eppure così è sempre stato, da noi. E decine di migliaia di persone hanno con­tinuato ad ammucchiarsi disordinata­mente intorno al Vesuvio nonostante sia­no passati solo pochi decenni dall’ultima eruzione del 1944 quando la gente pazza di paura prese a girare con la statua di San Gennaro perché fermasse la lava già bloccata quarant’anni prima dal santo a un passo da Trecase. E migliaia di sinda­ci e assessori e vigili urbani hanno chiu­so gli occhi per anni sul modo in cui, an­che nelle zone più pericolose, venivano tirati su spesso con cemento scadente e piloni gracili i condomini e le scuole e gli edifici pubblici. Per non dire di chi aveva le responsabi­lità più gravi. «Mai più», aveva giurato Silvio Berlusconi nel novembre del 2002, dopo la tragedia di san Giuliano di Pu­glia. Sono passati più di sei anni, da allo­ra. Ma, come accusava ieri mattina Il Sole 24 ore, il varo delle nuove regole si è via via impantanato di ritocco in ritocco, di rinvio in rinvio, di proroga in proroga. Colpa della destra, colpa della sinistra. Ba­sti ricordare che fu solo la Corte Costitu­zionale, tre anni fa, tra i lamenti e gli stril­li dei costruttori («Siamo molto preoccu­pati per il rischio di paralisi nei cantieri, si potrebbe bloccare l’edilizia!») a blocca­re una legge troppo permissiva della Re­gione Toscana spiegando che no, «in zo­na sismica, non si possono iniziare i lavo­ri senza la preventiva autorizzazione scrit­ta del competente ufficio tecnico». Continue reading

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I Conti non tornano…

Il tema ronde torna a far discutere…

il Ministro Maroni due settimane fa aveva lasciato in sospeso la questione dei finanziamenti alle Ronde: in questo articolo viene manifestata la dura replica e denuncia dei sindacati delle forze dell’ordine.

A conti fatti emergono non solo pesanti decurtazioni al budget destinato alla Polizia, ma anche ingenti finanziamenti a favore delle ronde.

Di tutta questa faccenda ci sono due aspetti inquietanti:

° ancora una volta assistiamo ad una forma di strumentalizzazione blanda: il Ministro Maroni aveva annunciato di aumentare del 10% i finanziamenti alla sicurezza e alle forze dell’ordine, ma dall’analisi economica dei bilanci emerge piuttosto il contrario. Gli autori di questa certosina ricerca sono riusciti a smascherare bene il cavillo finanziario nascosto fra le righe.

° Finanziare le ronde e decurtare gli stanziamenti alle istituzioni è un chiaro messaggio di decentralizzazione del potere statale, di cui si è già parlato nell’articolo postato due settimane fa.

A voi ora farvi un’idea in merito…attendiamo commenti!

Caterina-Psicopadova

 

Oggi alla Camera entra nel vivo il dl antistupri. Il Pd: smantellano le forze dell’ordine
Meno etilometri e straordinari: "Sbagliati i conti del ministro"

 Polizia, i sindacati attaccano Maroni
"Taglia i fondi a noi e aiuta le ronde"

di ALBERTO CUSTODERO

 
 
"I DATI forniti da Roberto Maroni sul finanziamento alla Polizia sono errati. Hanno tagliato le risorse per l’acquisto degli etilometri, le indennità per gli straordinari e perfino ridotto i fondi per l’assistenza spirituale agli agenti. Altro che aumento del dieci per cento rispetto al governo Prodi".

Mentre oggi entra nel vivo il dibattito alla Camera sul dl antistupri (proseguirà fino a mercoledì), arriva un doppio attacco al ministro dell’Interno, che nei giorni scorsi aveva detto: "Di tutto ci possono accusare, salvo di aver tagliato i fondi per la sicurezza". La prima critica è dei sindacati di polizia, che contestano i numeri del titolare del Viminale sull’incremento degli stanziamenti. La seconda, della capogruppo pd in commissione Antimafia, Laura Garavini, che accusa Maroni di "finanziare le ronde e di smantellare le forze dell’ordine sul territorio, facendo così un regalo alle mafie". Continue reading

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Un Nuovo Mo(n)do è Necessario!

Mentre in europa si susseguono summit
tra i capi di stato politicamente ed economicamente più influenti
del pianeta per cercare di dare una parvenza di linea unitaria, per
cercare di dare comunque delle deboli soluzioni, per cercare di
autoimporsi un minimo di regole – loro che sono stati gli stessi attori che hanno portato
all’estremo un modello insostenibile – ecco che
l’impressione è che siano capi senza stati, capi senza persone, capi
di un tempo che non è più il loro. ma nemmeno il nostro.

L’EDITORIALE


La rivolta dei nuovi esclusi

di EZIO MAURO

COME una legge meccanica, prima o poi la crisi economica che stiamo vivendo doveva produrre effetti culturali, politici e sociali: ci siamo. I nodi che vengono al pettine, l’altro ieri a Londra per strada, con la morte di un uomo, l’altro giorno in Francia, domani in Italia o dovunque nelle capitali del Primo Mondo – tutte uguali e indifferenti come paesaggio della crisi – sono l’inizio del secondo atto di questa rivoluzione in corso nella vita dell’uomo occidentale.

Proviamo a misurarne cause, ragioni ed effetti liberandoci subito dal ricatto che ogni volta pesa sulla discussione pubblica, dicendo per oggi e per domani che gli atti violenti sono sempre inaccettabili, da qualunque motivazione siano sorretti. Ma subito dopo domandiamoci: quanta violenza c’è in questa crisi che brucia lavoro, valore, progetti di vita incompiuti, destini? La politica, la cultura, qualcuno di noi si è preoccupato di misurarla, di darle un peso e quindi un nome e un significato di cui tenere conto?

E’ difficile negare l’impressione che i grandi della terra riuniti a Buckingham Palace davanti alla Regina e poi a cena a Downing Street fossero ieri leader senza rappresentanza.

 

Da qualche parte – da qualunque parte nei nostri Paesi – ormai si muove una massa sommersa di persone che fanno separatamente i conti individuali con la crisi, non solo e non tanto in termini di perdita di valore, ma in termini di vita, di sussistenza, di identità e di ruolo sociale. Per loro è tornata centrale, nella nebbia globale della crisi, nello stordimento della finanza, la grande questione novecentesca del lavoro: lo hanno perso, lo stanno perdendo, o non riescono nemmeno a trovarlo una prima volta. E scoprono che senza lavoro, perdono d’importanza i diritti post-materialistici, come li chiamano i sociologi, quelli dell’ultima modernità, che vengono dopo la piena soddisfazione dei bisogni primari. Continue reading

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L’ Autocelebrazione e la fondazione di un “nuovo” partito

A distanza di una settimana dal week end di fondazione e autocelebrazione del nuovo partito di berlusconi vi segnaliamo un commento di Ezio Mauro pubblicato su Repubblica del 28 Marzo e una previsione di panorama politico di Eugenio Scalfari (linkato a fondo pagina)

 

IL COMMENTO

Principe e popolo

di EZIO MAURO

Concepito come una "cerimonia" (lo ha detto Emilio Fede) più che come
un congresso, l’atto fondativo del Popolo della Libertà è tutto nel
profilo biografico dell’avventura politica berlusconiana che il
Cavaliere ha celebrato ieri dal palco, consacrando se stesso non
soltanto nel fondatore della destra moderna ma nel destino perenne del
Paese, o almeno del 51 per cento degli italiani.

La rivisitazione eroica degli ultimi quindici anni consente al
paesaggio politico e retorico attorno al Cavaliere di rimanere
immobile, tutto ideologico come nel ’94. Così per il Premier la
sinistra resta ancora e per sempre comunista, il Pd è un bluff, il
riformismo è un’illusione, anzi la sinistra sta addirittura uscendo di
scena, e la stessa parola "non piace più". Un ideologismo coatto, che
vuole tenere l’Italia dentro uno schema vecchio e impaurito, mentre
rinuncia a parlare all’intero Paese.

Non è infatti al Paese che guarda Berlusconi, ma al "popolo", vero
soggetto politico del nuovo movimento, strumento di consacrazione
quotidiana del carisma egemone, che nel popolo più che nelle
istituzioni cerca la sua forza e la sua legittimazione. Anche il
concetto di libertà è giocato in questa chiave, con una diffidente
separazione-contrapposizione tra il cittadino e lo Stato, come se la
politica – adesso che Berlusconi ha compiuto la sua rivoluzione
"liberale, borghese, popolare, moderata e interclassista" – si
riassumesse nella delega al Principe, con la fine del discorso pubblico
così come lo abbiamo finora conosciuto in Occidente.

La Costituzione resta sullo sfondo, citata dopo il Papa, sovrastata da
un moderno "patriottismo della nazione", della tradizione, delle radici
cristiane dell’Italia in cui si recupera anche la "romanità". E’ il
profilo classico di una destra carismatica che può forse illudere il
Paese di semplificare la complessità della crisi ma che rischia di non
governarla: perché il vecchio populismo non può reggere a lungo la
sfida della modernità nel cuore dell’Europa.

(28 marzo 2009)

 

Meno male che Fini c’è di EUGENIO SCALFARI

Ma in Italia c’è anche chi, come il presidente Napolitano, ricorda a tutti (o forse invoca) che:

"una democrazia sa reagire, sempre e comunque, evitando ogni chiusura e
ogni populismo; aprendosi con coraggio e fiducia alle novità; basando
sulla propria coesione e su reali pari opportunità la costruzione di un
futuro migliore in Italia, in Europa e nel mondo"

 

 Giorgio – PsicoPadova

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Il testamento Biologico

ROMA – I medici non saranno obbligati a tenere conto della volontà espressa dal malato nel testamento biologico. Così dispone la norma approvata ieri al Senato, che di fatto affossa la legge sul fine vita. Un voto salutato con favore dai vescovi e criticato dal Partito democratico: è un tradimento. Il premier Silvio Berlusconi, intanto, torna all’ attacco del Parlamento: «Deputati e senatori sono lì solo per fare numero», dice. La replica di Fini: «Non si irridano le istituzioni».

 Repubblica 27.03.2009

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Una ronda non fa primavera..

 

L’Italia è un paese in cui si finge di risolvere i problemi…

in cui la filosofia del "tappabuchi"sta diventando una triste realtà: i problemi non vanno risolti alla radice,perchè scavando in profondità non è sempre detto si possa risalire,soprattutto negli affari del nostro Governo.

E’ molto più comodo fare tagli e chiamarli sprechi, fronteggiare il problema dell’immigrazione onorando i medici del titolo di Sceriffo, controllare l’accattonaggio istituendo una anagrafe,risolvere il problema della delinquenza istituendo le ronde, eliminare il problema degli stupri radendo al suolo i campi nomadi.

Fra tutti gli scempi attuati nell’ultima legislazione quella che tocca più da vicino la città in cui viviamo è senz’altro la questione delle ronde.

Due settimane fa gli scontri fra le ronde di Veneto Sicuro(Lega) e il C.S.O Pedro hanno suscitato scalpore, dato che le forze dell’ordine sono state costrette a vigilare sui vigilanti.

Eravamo rimasti a tali notizie quando, di recente, il Ministro dell’Interno Maroni ha annunciato che non vuole dilettanti allo sbaraglio, ma addirittura istituire dei corsi di formazione per le ronde stesse.

La domanda mi pare piuttosto lecita: da dove verranno presi i fondi per questi corsi?

I tagli alle Università hanno senso se poi il denaro ricavato è utilizzato altrove in qualcosa di sicuramente più opinabile?

Ovviamente il Dl -a detta del Ministro stesso- è in fase di perfezionamento, per cui attendiamo con ansia la risposta a questi spinosi quesiti. Continue reading

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Comunicazione di Psicopadova

Nell’ultima assemblea della Facoltà di Psicologia si è deciso di rendere questo blog autonomo rispetto al movimento dell’ "Onda Anomala", al fine di avere maggiore libertà di espressione possibile e dare voce agli studenti innanzitutto,senza particolari connotazioni.

Ci  teniamo a ribadire che questo Blog si propone di dare un’informazione critica ed offrire una piattaforma di discussione e dibattito;

 pertanto, oltre a commentare i post, vi invitiamo a collaborare con noi inviandoci i vostri articoli e scrivendoci via mail, che vi ricordiamo essere psicopadova@gmail.com .

 

 Psicopadova

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“La nuova destra che forse non nascerà”

In seguito allo scioglimento di AN e alla sua fusione all’interno del Partito delle Libertà proponiamo un commento di Eugenio Scalfari uscito su La Repubblica di domenica. Il commento di Scalfari è una previsione del futuro alla luce di una secca e puntuale analisi del quindicennio berlusconiano.

La nuova destra
che forse non nascerà

di EUGENIO SCALFARI

OGGI
Gianfranco Fini darà l’addio al suo partito che si scioglie nel grande
mare del Pdl, il Partito del Popolo della Libertà, tre lettere
maiuscole sulle quali campeggia il Capo carismatico Silvio Berlusconi,
fondatore, presidente e leader intramontabile.
Un addio, quello di
Fini, ma anche un arrivederci, almeno nelle sue intenzioni.
L’esortazione e anzi il comando alla sua gente è di restare unita,
custode di una tradizione, di valori propri e d’una propria identità,
d’una propria egemonia che non deve disperdersi – così spera Fini – nel
magma indistinto di Forza Italia.

Dovrà costituire anzi un punto di riferimento per più ampie
aggregazioni dentro il nuovo partito e fuori di esso, per dare vita ad
una nuova destra capace di guidare il paese anche quando il Capo
carismatico deciderà di ritirarsi per sazietà o per stanchezza,
comunque per l’inevitabile trascorrere del tempo che "va dintorno con
le force".

Si tratta d’una proposta di larghe vedute, che non è soltanto politica
ma anche istituzionale e culturale. Fini dà molta importanza a
fondazioni culturali che avranno il compito di piantare nuovi innesti e
nuove radici nelle tradizioni della destra. Il presidente della Camera
sovrintenderà a questo lavoro ed ha come riferimenti il conservatorismo
del XIX secolo, quello che si oppose al trinomio "libertà, eguaglianza,
fraternità" in nome dei principi della tradizione e della terra, cioè
della nazione, senza tuttavia rinunciare al filone laico di derivazione
illuministica. Perciò Burke ma non De Maistre.

E dunque: lo Stato da riscoprire come depositario di un disegno-paese e
di un certo grado di eticità; la Costituzione come quadro di rapporti
sociali e custodia di pluralismo; il presidenzialismo che garantirà
l’unità contro le spinte centrifughe e l’eguaglianza delle prestazioni
pubbliche tra le Regioni e i cittadini che vi risiedono; la separazione
dei poteri; l’economia mista dove lo Stato non si limita a formulare le
regole e a farle rispettare ma, al bisogno, interviene direttamente
come operatore di ultima istanza.

Questa è la piattaforma della nuova destra costituzionale che Fini
indica al Pdl e in particolare ai militanti di An nell’atto stesso
dello scioglimento di quel partito. Lo seguiranno? Riusciranno a
realizzare gli obiettivi che il discorso di oggi ha con chiarezza
indicato? Saranno in grado di fertilizzare il corpaccione di Forza
Italia e di arruolare per quell’impresa che non gli somiglia affatto
anche il "boss dei boss", il Capo carismatico che ha ancora dinanzi a
sé un altro decennio di potere?

Per rispondere a queste domande occorre esaminare la natura profonda
del berlusconismo, il suo rapporto con la Lega, le tendenze che
emergono dalla società italiana, il ruolo di alcuni possibili
successori del Capo, l’attrazione del centrismo, le capacità potenziali
dell’opposizione riformista. Infine l’esito della crisi che infuria
sull’economia mondiale. Nei limiti che lo spazio ci impone cercheremo
di analizzare questi vari elementi del problema.

Può essere utile un confronto tra fascismo e berlusconismo. In fondo si
tratta di due regimi; il fascismo durò vent’anni, il berlusconismo ne
ha già alle spalle quindici e si avvia a raggiungere la durata del
precedente e probabilmente a superarla.
Al di là di alcune
somiglianze che indubbiamente ci sono e possono riassumersi nel carisma
populista del Capo, essi divergono profondamente su un punto di
capitale importanza.

Mussolini e il fascismo volevano costruire un uomo nuovo, ispirato dai
valori della forza, dai doveri verso lo Stato, dalla cultura della
guerra e della conquista, dagli ideali dell’imperialismo, dal mito
della Roma imperiale. La maggior cura la dedicarono all’educazione
della gioventù a questi valori e a questa mitologia. I successi che
ottennero si rivelarono effimeri non appena si scontrarono con la
durezza della realtà.

Il berlusconismo ha invece avuto come obiettivo la decostruzione del
rapporto tra l’individuo e la collettività, la decostruzione delle
ideologie, l’esaltazione della felicità immediata nell’immediato
presente, l’antipolitica, il pragmatismo come solo fondamento delle
decisioni individuali, il trasformismo come pratica quotidiana. La
corruttela pubblica come peccato veniale.

Berlusconi è un uomo di gomma laddove Mussolini si atteggiava a uomo di
ferro. Berlusconi galleggia e padroneggia la democrazia cercando di
renderla invertebrata; Mussolini distrusse la democrazia. Mussolini
volle lo Stato etico, Berlusconi appoggia il suo potere
sull’incompatibilità degli italiani nei confronti dello Stato, salvo
adottare lo statalismo quando una società impaurita lo invoca come il
protettore di ultima istanza.

Si tratta, come si vede, di differenze profonde anche se il fine è
analogo: un Capo carismatico, plebiscitato da un popolo che ha
rinunciato ad esser popolo ed ha trasferito in blocco la sua sovranità
al Capo.
Di fronte a queste
caratteristiche dell’amico-nemico il disegno di Fini ha scarse
possibilità di successo. Del resto i suoi "colonnelli" hanno da tempo
introitato questa realtà e vi si sono adeguati.

Quando in una recente trasmissione televisiva il ministro Ronchi (che
di Fini è il portavoce) parlò di una guida duale del nuovo partito, fu
interrotto dal ministro Matteoli (anche lui di An) che rifiutò
pubblicamente l’idea stessa di un consolato Berlusconi-Fini affermando
che il Capo non poteva che essere uno e c’era già. Resta da vedere fino
a che punto la base di An sia rappresentata da Fini o dai suoi ex
colonnelli.

Ma per aderire al disegno del presidente della Camera ci vorrebbe un
ritorno all’Msi, al fascismo puro e duro che esiste ancora ma non certo
sulla linea laica e costituzionale di Fini. In una società di gomma il
cemento del potere e del sottopotere è un collante formidabile; quel
collante è nelle mani di un Capo proprietario del suo partito nel quale
Fini entra da ospite dopo esser stato svestito dei suoi paramenti salvo
quelli, abbastanza innocui, di natura istituzionale. L’esperienza di
Casini da questo punto di vista è eloquente.

Visto che ho accennato a Casini, aggiungerò che l’attrazione del centro
è assai modesta, almeno nello schema originario di ago della bilancia
tra due forze contrapposte e di analoga dimensione. Le analoghe
dimensioni sono un’ipotesi del passato destinata a non replicarsi per
parecchio tempo, sicché contemporaneamente è scomparsa l’ipotesi stessa
del centro come ago della bilancia. La strada di Casini a questo punto
è segnata ed è quella dell’irrilevanza, dentro o fuori dal Pdl che sia.
I contrasti possono alimentare tutt’al più una fronda, ma non possono
aspirare né al potere né all’opposizione.

I successori sono di due tipi: il successore scelto dal proprietario
quando il momento sarà deciso dal proprietario medesimo. Una scelta
"alta" sarebbe Gianni Letta, una scelta servile sarebbe Alfano o
(perché no?) una donna. Tutto può accadere nei regimi basati sulla
proprietà e sulla gomma.

Oppure il successore emerge per forza propria. Può essere il caso di
Formigoni, ma con molte più probabilità quello di Tremonti. La crisi
economica favorisce il secondo ed anche il suo rapporto con la Lega.
Piace perfino ad una parte della sinistra per il suo colbertismo
statalista, ma non piace la scelta valoriale di Dio, Patria, Famiglia.
Tremonti comunque aspetta, non precorrerà mai i tempi. Fini si è già
esposto, Tremonti no. Per ora si contenta del fatto che il Capo (che
non lo ama) abbia bisogno di lui.

Resta l’opposizione riformista che ora sta lottando per la
sopravvivenza. Franceschini è una scoperta e qualche risultato l’ha già
ottenuto, qualche piccolo passo avanti l’ha fatto, qualche punto di
consenso l’ha riguadagnato. L’esame arriverà con le elezioni europee.
Dal punto di vista
formale la sopravvivenza consiste nell’asticella da superare.
Ragionevolmente sta a metà strada tra il 25 e il 30 per cento. Sotto a
quel livello la sopravvivenza oggettivamente non c’è e comincerà
l’implosione; ma significherebbe la scomparsa della sinistra riformista
e laica dalla scena dopo la scomparsa politica già avvenuta della
sinistra radical-massimalista.

Ammettiamo (e speriamolo per la democrazia italiana) che la
sopravvivenza sia realizzata con le elezioni europee. Quale può essere
il ruolo del Pd, oltre quello di darsi finalmente un’organizzazione ed
una struttura? Capace di rieducare una parte consistente della società?
Di alfabetizzare politicamente e moralmente quella parte consistente?
Di ricostruire il rapporto tra la società e lo Stato, decostruito dal
berlusconismo?

Il ruolo della sinistra riformista consiste proprio nelle risposte a
queste domande che si riassumono nella riconquista della società alla
democrazia partecipata e modernizzata. Nell’esercizio di questo ruolo
il riformismo può incontrare il disegno degli ambientalisti, il disegno
dei cattolici cristiani, il disegno dei liberali socialisti, il disegno
della sinistra democratica ed anche il disegno di una destra
repubblicana e costituzionale.

L’obiettivo comune è quello di ristrutturare una società destrutturata
e modernizzare le istituzioni. Si può fare ma ci vorrà tempo. Tempo e
veduta lunga. Uscire dal presente puntinista ed entrare coraggiosamente
nell’avvenire.

(22 marzo 2009)

 

 

  Giorgio – PsicoPadova

 

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DDL Carlucci per la tutela della legalità nella rete: Imbavagliare Internet?

In mezzo al pacchetto sicurezza c’è un progetto di legge che dovrebbe affrontare il tema di una maggiore regolamentazione nella pubblicazione di contenuti in rete (qui a ognuno la sua posizione) e della legittimità o meno dell’anonimato sul web.

Questo è un tema che era già stato discusso in parlamento, anche nelle legislazioni precedenti con il DDL Levi, ma di cui i media tradizionali, e conseguentemente l’opinione pubblica, non hanno ritenuto necessario porre grande attenzione.

Vi linkiamo qui tre articoli che cercano di esprimere la complessità della situazione scritti da tre normalissimi bloggers.

 

Disegno di Legge Carlucci per la tutela della legalità nella rete Internet

DDL Carlucci, fuori gli anonimi dalla rete?

La censura ai tempi della crisi

 

Anche se potrebbe sembrare azzardato vorrei infine collegare questo problema ad uno spunto di riflessione estrapolato da quattro righe di un articolo trovato su L’Unità:

"In pochi minuti migliaia di persone possono ritrovarsi
a dire come la pensano, possono raccogliersi con i loro nomi e cognomi
intorno ad un appello, possono sottoscrivere una raccolta di firme. Ma
si fa anche di più. Si usa la rete per organizzare la mobilitazione
nelle piazze. E dal quelle piazze si fanno dirette on line per far
partecipare anche chi non può esserci.

Poi, però, resta la sensazione che a tutto questo manchi uno sbocco."

 

 Giorgio – PsicoPadova

 

 

 

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