Nuovo decreto sulle intercettazioni: cosa cambierà e opinioni di intellettuali

In merito al nuovo decreto sulle intercettazioni vi invitiamo a leggere i seguenti due articoli tratti dal blog Diritto di Critica, progetto ed esperimento di giornalismo partecipativo (citizen journalism)

 La scheda di DdC: ecco cosa cambia dopo il ddl intercettazioni 

 Ddl Alfano sulle intercettazioni: critiche da magistrati, giornalisti e intellettuali

 

e a firmare l’appello di Repubblica 

 Firma l’appello di Repubblica contro il ddl intercettazioni

 

Leggi la lettera della Federazione Nazionale della Stampa e degli Editori sul ddl intercettazioni

 

 

 1° articolo : "La scheda di Ddc: ecco cosa cambia"


Scritto da Simone Pomi

11 giugno 2009

Oggi la Camera ha dato il via libera al maxiemendamento sulle intercettazioni.
I sì sono stati 318, mentre 224 sono stati i voti contrari (tra questi
mancano 21 ‘franchi tiratori’ dell’opposizione che hanno appoggiato il Governo).
Questo emendamento è oggetto di forti contrapposizioni tra maggioranza
e opposizione, e sta scatenando un putiferio anche sul web. Di seguito
riportiamo le nuove norme che verranno introdotte dal ddl.

a cura di Simone Pomi ed Emilio Fabio Torsello

  1. Si parte da un cambiamento sulle modalità di autorizzazione delle intercettazioni. Saranno 3 giudici e non più uno a decidere se concederle, e solo «quando si riscontrino gravi indizi di colpevolezza
    e l’intercettazione è assolutamente indispensabile ai fini della
    prosecuzione dell’indagine». Per mafia e terrorismo bastano invece i
    «sufficienti indizi di colpevolezza». Anche per le registrazioni
    audiovisive, autorizzate solo se c’è il «fondato motivo di ritenere che
    nei luoghi ove e’ disposta si stia svolgendo attività’ criminosa». La
    legge, inoltre , mette un limite di tempo, con annessa proroga qualora
    siano emersi nuovi elementi (30 giorni +15 e 40 + 20 per mafia).
  2. Le intercettazioni per indagini contro ignoti vengono autorizzate solo se la persona offesa ne fa richiesta.
  3. Le intercettazioni di un’indagine non potranno essere usate per altri procedimenti. Questa regola non vale per mafia e terrorismo.
  4. Le intercettazioni ambientali saranno possibili
    solo nei luoghi in cui vi è motivo di ritenere che si sta compiendo
    un’attivita’ criminosa. Nei procedimenti di mafia e terrorismo, però,
    l’ascolto delle comunicazioni fra presenti è consentito anche se non
    vi è motivo di ritenere che si stia svolgendo l’attività criminosa.
  5. Le spese vanno segnalate e trasmessa ogni 31 marzo, per essere valute e controllate.
  6. «E’ vietata la pubblicazione anche parziale o per riassunto
    o del relativo contenuto di atti di indagine preliminare nonché di
    quanto acquisito al fascicolo del pubblico ministero o del difensore,
    anche se non sussiste più il segreto, fino a che non siano concluse le
    indagini preliminari, ovvero fino al termine dell’udienza preliminare»
    .
    Non possono essere diffusi nome e immagini del magistrato competente, a
    meno che «la rappresentazione dell’avvenimento non possa essere
    separata dall’immagine del magistrato». C’è il divieto di pubblicazione
    delle intercettazioni per cui è stato ordinata la distruzione: pena da 1 a 5 per il pubblico ufficiale, carcere da 1 a tre anni, che salgono a 8 per i giornalisti, commutabile in una pena pecuniaria fino a 10mila euro. Sono previste multe anche per gli editori.
  7. Nuova norma anche per gli 007, con richiesta di
    autorizzazione presentata entro cinque giorni dal procuratore della
    Repubblica al procuratore generale che chiederà entro un mese il via
    libera al presidente del Consiglio. Si potrà procedere solo se entro
    questo arco di tempo il Governo non avrà deciso di porre il segreto. Non
    e’ comunque in ogni caso precluso all’autorità giudiziaria di procedere
    – si legge nel testo – in base ad elementi autonomi ed indipendenti
    dalle informazioni coperte dal segreto
    . Quando è sollevato
    conflitto di attribuzione nei confronti del presidente del Consiglio
    dei ministri, se questo viene risolto nel senso dell’insussistenza del
    segreto, non puo’ più opporlo in riferimento al medesimo oggetto. Chi
    rivela notizie su atti o documenti coperti dal segreto relativi ad un
    procedimento penale viene punito con la reclusione da uno a cinque
    anni. Pena aumentata – si legge ancora nel nuovo testo del Governo – se
    il fatto riguarda comunicazioni di servizio di appartenenti ai Servizi
    .
  8. Un archivio presso la Procura custodirà le telefonate e i verbali.
    Ai procuratori generali presso le corti di appello e ai procuratori
    della Repubblica competenti per territorio il potere di gestione e
    controllo dei centri di intercettazione e di ascolto.
  9. Il pubblico ministero potrà chiedere anche i tabulati telefonici, quando vi siano casi d’urgenza.
    Quando, cioè, vi è fondato motivo di ritenere che dal ritardo possa
    derivare grave pregiudizio alle indagini. Lo potra’ fare per tutti i
    reati previsti dall’articolo 266 del codice di procedura penale con un
    decreto motivato e non successivamente modificabile, da comunicare al
    tribunale entro ventiquattro ore. Il tribunale dovrà, a sua volta,
    decidere entro 48 ore dal provvedimento se convalidare o meno la
    richiesta. In caso di mancata convalida, l’acquisizione dei dati non
    puo’ essere proseguita e i risultati di essa non possono essere
    utilizzati.
  10. In caso di fuga di notizie, il magistrato o il
    pubblico ufficiale responsabili di non avere vigilato sono passibili di
    una ammenda che va dai 500 ai 1032 euro.
  11. La Rete. Nel ddl si parla anche di internet. Il testo introduce nel nostro Ordinamento l’obbligo di rettifica di qualsiasi articolo su richieda della persona “offesa” entro 48 ore, pena una sanzione pecuniaria , da 7.500 a 12.000€ per tutti i titolari di “siti informatici”. Si reintroduce anche il reato di istigazione alla disobbedienza civile, con il quale sarà possibile, senza l’intervento della Magistratura, intimidire e zittire qualsiasi voce di dissenso.

 2° Articolo:  "Ddl Alfano sulle intercettazioni: critiche da magistrati, giornalisti e intellettuali"

L’Associazione Nazionale Magistrati (ANM) giudica il ddl un colpo  «mortale per la giustizia penale in Italia».
Le norme contenute nel provvedimento, secondo l’Anm, favorirebbero i
delinquenti  e  spunterebbero le armi alla magistratura: «ci chiedono
di tutelare la sicurezza dei cittadini uscendo disarmati e con un braccio legato». Sarebbe stato meglio, continua ironicamente l’Anm, abrogare del tutto le intercettazioni. Anche il presidente, il magistrato Luca Palamara, ha usato  parole molto dure contro questo decreto: «Si tratta di un duro colpo allo svolgimento dell’attivita’ investigativa.
I delinquenti non verranno scoperti e puniti  soprattutto quelli che
commettono i reati piu’ insidiosi e che mettono a repentaglio la
sicurezza nelle città, quali rapinatori e stupratori ». Ma le voci fuori dal coro non sono solo queste.

Spataro, procuratore aggiunto di Milano, intervistato ieri da Repubblica, definisce il ddl  «incostituzionale» , riferendosi ai privilegi riservati agli 007 e alla compromissione del diritto di cronaca:

«Gli evidenti indizi di colpevolezza a carico dell’indagato è quanto la legge richiede perché il pm possa chiederne la cattura”. Giuridicamente, “grave” equivale ad “evidente“. Ma se dispone già di “evidenti indizi” che bisogno avrebbe il pm di intercettare l’indagato? Ne chiederebbe la cattura e basta».

E riguardo alla parte su mafia e terrorismo aggiunge:

«Spesso si arriva a scoprire
l’esistenza di associazioni mafiose o terroristiche indagando sui reati
che mafiosi e terroristi commettono
(estorsioni, usura, omicidi per i primi; emigrazione clandestina, falso di banconote e documenti per i secondi). Ma
per questi reati le intercettazioni si potranno fare solo per due mesi
e le ambientali solo nei luoghi ove sia in corso l’attività criminosa
.
Cioè posso intercettare se stanno sgozzando qualcuno, non se stanno
parlando di farlo domani. Dunque, l’eccezione è solo fumo negli occhi».

Si ribellano anche gli organi sindacali dei giornalisti, come la Fnsi e Fieg, che si sono dette disposte allo sciopero e alla disobbedienza civile, e dopo l’approvazione della legge hanno diramato questo comunicato .

«Quella del voto alla Camera sul Ddl Alfano, è una brutta notizia per l’informazione, la sua autonomia e il suo valore non meramente materiale
. La Fieg e la Fnsi si uniscono ancora per rinnovare al Parlamento, e
in particolare al Senato, e a tutte le forze politiche, l’appello a
scongiurare l’introduzione nel nostro ordinamento di limitazioni
ingiustificate al diritto di cronaca e di sanzioni sproporzionate a
carico di giornalisti ed editori. Le previsioni del
Ddl approvato oggi con ricorso al voto di fiducia violano il
fondamentale diritto della liberta’ d’informazione, garantito dalla
Costituzione e dalla Convenzione europea dei diritti dell’uomo
.
E’ necessario – concludono – salvaguardare il diritto di cronaca e di
libera informazione, tutelare la funzione della stampa e del
giornalista, assicurare il diritto dei cittadini a sapere».

Oltre al sindacato, anche il Consiglio Nazionale dell’Ordine dei Giornalisti, per voce del presidente, Lorenzo Del Boca e del segretario Enzo Iacopino , condanna duramente l’approvazione del provvedimento sulle intercettazioni:

«Il legittimo desiderio di evitare il
ripetersi di episodici atti di barbarie, per colpa di una qualche
leggerezza nell’informazione, ha generato un mostro. Senza enfasi e senza autoassoluzioni, si punta a colpire i giornalisti, i loro asseriti privilegi usando come alibi gli errori che alcuni commettono. L’obiettivo è palese: impedire ai giornalisti di onorare il loro dovere costituzionale. I cittadini sono consapevoli che ad essere violato è un loro diritto: quello di sapere per capire, di conoscere per giudicare, di informarsi per poter operare scelte consapevoli.
Occorrerà ipotizzare misure di disobbedienza civile con la speranza che
la Corte costituzionale, che ha certamente ben presente la sentenza
della Corte europea di Strasburgo, possa e voglia stabilire qual è il
valore sociale dell’informazione. Per i cittadini, non per i giornalisti» (fonte)

Le opposizioni , sia per la questione incostituzionalità , che per l’effettiva azione che avrà sulla giustizia, hanno anche scritto una lettera al Presidente della Repubblica,
Giorgio Napolitano, chiedendo un suo intervento per riportare ad un
livello democratico il dibattito parlamentare, screditato in questi
ultimi mesi dal continuo ricorso al voto di fiducia. Ieri il capogruppo
alla Camera dell’Italia dei Valori, Massimo Donadi
nella sua audizione in Parlamanto ha aspramente critica l’approvazione
del Ddl, attaccando con parole durissime il Ministro Alfano, La Lega e
il Presidente del Consiglio. Un intervento lungo che non ha fatto
sconti alla maggioranza:

«Ministro Alfano, mi rivolgo a lei con
grande forza e con grande chiarezza: ogni morte che resterà impunita in
questo Paese per colpa di questa legge, lei la porterà sulla coscienza.
Ogni ladro che resterà impunito in questo Paese per colpa della sua legge, lei lo porterà per sempre sulla sua coscienza! Ogni stupro di cui sarà vittima una donna italiana e che resterà impunito per colpa della sua legge, lei lo porterà per sempre sulla sua coscienza. E insieme a lei lo porterà anche la Lega,
che, per mesi, ha ingannato gli italiani, raccontandogli frottole sulle
ronde e quant’altro e che, poi, per un piatto di lenticchie – cioè, la
promessa di Berlusconi di affossare il referendum – ha venduto la sicurezza degli italiani.
Come avete potuto scambiare per questo l’interesse, la sicurezza, la
vita di tanti milioni di italiani? Ma insieme a voi risponderà anche il
Presidente del Consiglio. Risponderà non certo la sua coscienza, questo
non lo chiediamo e non ce lo aspettiamo, ma risponderà la storia. Egli,
finalmente, ha vinto la sua battaglia contro la giustizia ed ormai è
impune a tutto, a ogni processo, a ogni indagine, anche alle possibili
intercettazioni e, soprattutto, è sopra la legge, è sopra la morale, è
sopra l’etica di questo Paese, ma lo fa a costo di aver distrutto la
giustizia e di governare in un Paese coperto di macerie. Di questo
risponderà e risponderete tutti voi davanti alla storia. Non
serve a niente quel velo di menzogne e di bugie che state stendendo, da
anni, sopra il Paese, un velo fatto di controllo dell’informazione, di
controllo delle televisioni, di bugie e di menzogne sistematiche
.
La verità prevarrà: questo velo verrà squarciato e la verità vi
travolgerà. La verità travolgerà questo Presidente del Consiglio che,
alla fine, entrerà sì nei libri di storia, ma con poche righe, tutte
scritte con il colore rosso, il colore rosso della vergogna»

Le ultime critiche sono giunte infine dalla Rete. Nel DDL si parla anche di internet. Come già riportato nel precedente post, il testo introduce nel nostro Ordinamento l’obbligo di rettifica di qualsiasi articolo su richieda della persona “offesa” entro 48 ore, pena una sanzione pecuniaria , da 7.500 a 12.000€ per tutti i titolari di “siti informatici”. Si reintroduce anche il reato di istigazione alla disobbedienza civile, con il quale sarà possibile, senza l’intervento della Magistratura, intimidire e zittire qualsiasi voce di dissenso.

Guido Scorza ,
avvocato, giornalista, blogger ed esperto di diritto di informazione e 
nuove tecnologie, spiega che  con  questa norma  verranno
toccati social network come My Space o Facebook , ma anche sito video e
di ricerca come Youtube e Google, senza contare poi i milioni di blog
rimanenti e collegati ad essi . L’avvocato spiega che nel Ddl Alfano si
vuole ampliare  la Legge n. 47 dell’8 febbraio 1948 e, in particolare,
il suo art. 8 (l’obbligo di rettifica)
a tutti i siti informativi, come già avviene per gli organi di stampa e
TV. Scorza ne da un’ampia lettura , facendo anche notare la grande
differenza tra la carta stampata e la rete dove, ad esempio, grazie ad un commento, ad un link o ad un video, si più subito dare istantanea rettifica ad opera del lettore,
senza bisogno obblighi o cavilli burocratici. Il giornalista la
considera un atto intimidatorio, volto a spaventare, a colpi di multe
esorbitanti, i milioni di internauti e blogger che scrivono, diffondono
o anche solo condivido notizie e video in rete, costringendoli di
conseguenza a chiudere. Anche Beppe Giulietti
parlamentare, giornalista e fondatore del sito  Articolo 21, ne da una
lettura molto simile, trovando  però delle scappatoie create grazie
 alle  leggi che il decreto infrangerà:

1La norma proposta è in violazione di uno dei principi fondamentali espressi dalla nostra carta costituzionale (art. 21 Cost.)
che autorizza la libera manifestazione di pensiero in tutte le sue
forme salvo che non si tratti di attività contrarie al buon costume.
2. In caso di informazione veicolata attraverso siti
informatici “non tradizionali”, la norma in vigore (art. 16, D.Lgs.
70/2003) dichiara che il prestatore del servizio (hoster) non è responsabile dei contenuti memorizzati salvo che non sia a conoscenza dell’illiceità dell’informazione. Con
“informazione illecita” si intende una informazione contraria alla
legge: le informazioni non veritiere o lesive della persona non sono
sempre illecite.

3. L’articolo 10 della Convenzione europea per
la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali
sancisce che il diritto alla libertà di espressione
, tra cui
si menziona la libertà di ricevere informazioni (dalle fonti della
notizia), è tutelato senza che vi possa essere ingerenza da parte delle
autorità pubbliche.

Giuletti continua
criticando in oltre altri due punti molto controversi come la
definizione e identificazione di siti di informazione,  norma,  secondo
il giornalista, «molto difficile da applicare nel caso di piattaforme identificabili solo con  un indirizzo e-mail, come Youtube, Facebook, ecc». e di conseguenza la vigilanza che  «è soggetta ad eccessiva discrezionalità, o che rischierebbe di creare facili discriminazioni tra alcuni siti, probabilmente i più diffusi o gestiti da utenti “scomodi
rispetto all’intero universo dei blogger presenti in rete».  Un punto a
favore lo trova anche guardando all’estero, come negli Stati Uniti,
dove l’apporto di utenti e credibilità di siti informativi non
ufficiali è veicolata alla realtà dei fatti riportati, e in Francia
dove la legge sul web è stata bloccata proprio ieri, ribadendo di fatto
 la validità del diritto fondamentale  di libertà di espressione e
comunicazione.

Per concludere, un aneddoto interessante è arrivato proprio ieri dalla Cina, dove  per luglio è un programma l’istallazione nei PC di un programma che bloccherà una serie di siti sgraditi al Governo.  Sembra che i cinesi internauti non l’abbiano presa bene e  si siano ribellati
a questa decisione del governo, valutandola come una violazione della
privacy.  In Italia, invece, la privacy vale solo per le foto a Villa
Certosa  e gli sms di Anna Falchi. Possiamo star tranquilli. La Cina è lontana, no?

 

 

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