A distanza di una settimana dal week end di fondazione e autocelebrazione del nuovo partito di berlusconi vi segnaliamo un commento di Ezio Mauro pubblicato su Repubblica del 28 Marzo e una previsione di panorama politico di Eugenio Scalfari (linkato a fondo pagina)
IL COMMENTO
Principe e popolo
di EZIO MAURO
un congresso, l’atto fondativo del Popolo della Libertà è tutto nel
profilo biografico dell’avventura politica berlusconiana che il
Cavaliere ha celebrato ieri dal palco, consacrando se stesso non
soltanto nel fondatore della destra moderna ma nel destino perenne del
Paese, o almeno del 51 per cento degli italiani.
La rivisitazione eroica degli ultimi quindici anni consente al
paesaggio politico e retorico attorno al Cavaliere di rimanere
immobile, tutto ideologico come nel ’94. Così per il Premier la
sinistra resta ancora e per sempre comunista, il Pd è un bluff, il
riformismo è un’illusione, anzi la sinistra sta addirittura uscendo di
scena, e la stessa parola "non piace più". Un ideologismo coatto, che
vuole tenere l’Italia dentro uno schema vecchio e impaurito, mentre
rinuncia a parlare all’intero Paese.
Non è infatti al Paese che guarda Berlusconi, ma al "popolo", vero
soggetto politico del nuovo movimento, strumento di consacrazione
quotidiana del carisma egemone, che nel popolo più che nelle
istituzioni cerca la sua forza e la sua legittimazione. Anche il
concetto di libertà è giocato in questa chiave, con una diffidente
separazione-contrapposizione tra il cittadino e lo Stato, come se la
politica – adesso che Berlusconi ha compiuto la sua rivoluzione
"liberale, borghese, popolare, moderata e interclassista" – si
riassumesse nella delega al Principe, con la fine del discorso pubblico
così come lo abbiamo finora conosciuto in Occidente.
La Costituzione resta sullo sfondo, citata dopo il Papa, sovrastata da
un moderno "patriottismo della nazione", della tradizione, delle radici
cristiane dell’Italia in cui si recupera anche la "romanità". E’ il
profilo classico di una destra carismatica che può forse illudere il
Paese di semplificare la complessità della crisi ma che rischia di non
governarla: perché il vecchio populismo non può reggere a lungo la
sfida della modernità nel cuore dell’Europa.
(28 marzo 2009)
Meno male che Fini c’è di EUGENIO SCALFARI
Ma in Italia c’è anche chi, come il presidente Napolitano, ricorda a tutti (o forse invoca) che:
"una democrazia sa reagire, sempre e comunque, evitando ogni chiusura e
ogni populismo; aprendosi con coraggio e fiducia alle novità; basando
sulla propria coesione e su reali pari opportunità la costruzione di un
futuro migliore in Italia, in Europa e nel mondo"
Giorgio – PsicoPadova