E’ da molte settimane che la lotta di studenti, professori e persone comuni contro l’operato del governo vede un continuo salire di visibilità e di trasversalità di aderenze.Persone (sia di destra che di sinistra) che mai prima di ora erano scese in piazza lo hanno fatto; lo hanno fatto perchè convinte della necessità, dell’importanza capitale di ciò che sta succedendo nel nostro paese; sempre più fermo mentre il mondo va avanti.
La trasversalità della protesta è il dato più importante di questo movimento, la sua varietà ed eterogeneità ne hanno fatto una spina nel fianco del governo in carica.Le forme di protesta sono sempre state civili, vissute come tali e proprio per questo un gran numero di persone fino ad ora inattive si è attivata.
Ciò che è successo durante la manifestazione di ieri mattina rappresenta uan piccola caduta di un percorso fino ad oggi luminoso, e condiviso da molte fette della società.La serietà di quella che doveva essere una marcia sensata è diventata l’ennesima pagliacciata da parte di chi non capisce(o si rifiuta di capire) che simili azioni dimostrative(l’imbrattare muri, creare disagio pubblico ecc…) hanno senso se il numero e la qualità della visibilità sono tali da far passare in secondo piano le piccole lamentele e disagi creati.
Ieri mattina si è ripetuto l’ennesimo spettacolo indecoroso che danneggia il movimento di protesta contro l’operato dei ministri Gelmini e Tremonti.Ancora una volta il volere di pochi (convinti evidentemente che imbrattare un paio di finestre faccia ritornare la Gelmini sui suoi passi) si è approppiato di una manifestazione che altrimenti avrebbe avuto un risalto positivo sui media cittadini e regionali.Il risultato ottenuto è stato quello di allontare la cittadinanza da noi, di allontanare la grande massa di padovani che credono in manifestazioni con idee chiare e azioni sensate e organizzate.Andare a zonzo per una città senza meta o, peggio ancora, improvvisando tale meta è il modo peggiore per far capire che non siamo studentelli fannulloni e senza idee della vita.
Questa città non è solo nostra, è anche delle persone che ci circondano, che lavorano, ci vivono e la attraversano.Nel vedere un disagio giustificato dalla presenza di quattro gatti di manifestanti di certo non si scuoteranno dalla loro apatia ma ci si ficcheranno con maggior convinzione.
Essere quattro api che cercano di infastidire un elefante che manco si sveglia non è di aiuto nel percorso che cerca di portare il maggior numero di persone dalla nostra parte, le api devono essere migliaia e non devono per forza pungere.
Sarebbe bello che creassero alveari.
L’importante non è essere di destra o di sinistra, l’importante è essere seri. Già viviamo in un delirio globalizzato, almeno noi dovremmo essere diversi.
Posted by giulio
L’Intelligenza paga rispetto alla furbizia ed al potere. L’uomo di potere è tormentato poiché sa che il potere è transitorio. Cosa sarebbe un’Università privata in Italia? Sarebbe possibile che un professore si sieda e parli con i suoi studenti, nel parcheggio delle biciclette, senza che una guardia chiami il direttore nell’”Interesse della Fondazione” ? Probabilmente no. Da una parte vorremmo ringraziare l’attuale politica di governo, poiché fra un po’ non potremo più avere la possibilità né di studiare, né di far tirocini, quantomeno di lavorare (quella forse non c’è mai realmente stata, almeno per molti di noi); dall’altra poiché ci ha dato una chance, per permettere a noi giovani di pensare al proprio presente e conseguentemente al proprio futuro.
La ricerca, nelle attuali condizioni, arriverà veramente a zero, anche se ora è già attualmente limitata a trovare pressoché solo dati fattuali e misurabili, non prendendo in considerazione tipi alternativi di ricerche. Questa è la nostra battaglia, siamo noi, gli studenti, quelli che la vivono, non è un servizio, ma un luogo, punto fondamentale di aggregazione e scambio del sapere. Questo attacco è fascista, poiché taglia le gambe a tutti gli Atenei, senza discriminare chi ha fatto un buon lavoro e chi no, attacco diretto verso il sapere stesso, per eliminarlo e non verso l’università in senso fisico. Fascista inteso nella logica del “tu mi contrasti, e io ti butto fuori”! Ci sembra che non ci sia realmente nessuna possibilità di dialogo, il governo ha deciso l’eliminazione ed essa si farà. Ci chiediamo quindi se non ci ridurremo al “solito” fuoco di paglia”, essendo ogni studente impegnato, non assolutamente retribuito; o se la nostra mobilitazione, avendo trovato in sé veramente qualcosa per la quale vale la pena di continuare lottare, oltre l’entusiasmo generale ed iniziale, si troverà ad uno scontro diretto con le istituzioni. Ci chiediamo quale sia il punto di rottura, se esiste. Qual è questa magica e terza alternativa tra il dialogo e la violenza, intesa in tutte le sue forme, dall’economico al fisico, che non implichi l’eliminazione di una delle due voci? Noi vorremmo cogliere l’opportunità per fare qualcosa a livello comune, sazi di una sola logica possibile. L’Istruzione gestisce un progetto pedagogico, che ha un inizio, una durata e una sua fine, in cui qualsiasi variazione in corso d’opera deve essere valutata, non solo dal punto di vista strutturale-economico, ma dal punto di vista umano di chi ci vive e la vive e la crea in ogni momento. Ciò non vuol dire che questi progetti, anzi direi questi processi, non si possano valutare, cambiare, migliorare, ma che gli equilibri sono molto fragili, e non si può pensare solo a far salire l’acqua dietro la diga del Vajont, senza tenere un occhio alla montagna che sta in quella valle. L’istruzione, non essendo rapida e immediata, rispetto all’economia, ha bisogno di respiro ha bisogno di tempo, non riesce ad andare ai ritmi dei governi e delle riforme; riforme che ogni 5 anni volevano portare un’idea nuova, e costringevano a correre qualcosa che per sua natura, non può correre! E ora viene la logica di mercato, le fondazioni, come può una fondazione mettere qualsiasi risorsa in studi a fondo perduto, di cui non si potrà mai prevedere un effettivo guadagno? Ciò ci porta a pensare, che branche poco remunerative, come lo “studio della lingua Azteca”, “la ricerca in matematica pura”, “le psicoterapie”, verranno eliminate, non avendo quello spazio di pensiero libero da fini di sicuro o veloce guadagno economico. Oppure l’istruzione diventerà molto Elitaria, poiché la spesa sarà a carico totale degli studenti universitari; studenti che attualmente pagano il 23% della spesa effettiva. Quindi il 73% lo paga lo Stato! Si. Allora perché spendiamo tanti soldi per l’istruzione? E quindi la domanda: perché istruire? Perché nella Costituzione viene stabilita l’istruzione pubblica, gratuita e obbligatoria per almeno 8 anni? E perché nel ’69 vengono approvate norme che liberalizzano l’accesso agli studi universitari e semplificano l’esame di maturità? Come si può, in nome del progresso, eliminare qualcosa solo perché ne abbiamo dimenticato il senso? Il tempo cancella il valore delle conquiste. Quanti realmente sanno perché queste idee realmente valgono? E siamo capaci di separare il marcio dal sano? Chi, se ha un privilegio, non vorrebbe mantenerlo? E chi, se potesse, non se ne prenderebbe di più? Come se fosse un diritto la possibilità. Ma dobbiamo stare attenti scambiare diritti per privilegi, in un mondo dove si comincia a stare stretti, in un mondo dove l’individualismo comincia a mostrare le sue pecche. E allora Valutazione! li prenderemo questi furbi! Urlano i governi. Ma la valutazione senza partecipazione, senza potere, senza fiducia agli studenti è inutile; essa però è anche pericolosa se gli studenti non sono consapevoli di ciò che hanno in mano. Bene, ora la possibilità reale, la presa di responsabilità, c’è, a patto che ciò che facciamo come gruppo venga riconosciuto: non in modo economico o di potere, ma come umanità.
Rispondo anche io per punti..
– per quello che riguarda la presenza in assemblee sono stato a tutte compresa quella di giovedì (il giorno prima della manifestazione) e il lancio di uova non era mai stato discusso e mai dato per scontato o votato.
era e resta una cazzata se non sorretta da numeri ampi.
si era invece convenuto che creare disagio aveva senso se si era in tanti sennò si faceva una figura da chiodi.
– per quello che riguarda il rapporto con confindustria se pensiamo che langiare uova lasci un segno nella nostra lotta e ci possa aiutare non abbiamo capito un cavolo.
– il nostro obiettivo deve essere quello di avere più persone possibile alle manifestazioni, io non ce la vedo una mamma coi figli in una manifestazione dove si rischia di farsi caricare dalla celere, te Davide?
– solo attraverso un gran numero di persone riusciremo a mettere paura al governo sull’unico punto che gli interessa, l’indice gradimento nei sondaggi.
– creare disagio con 3000 persone è una cosa, con 300 è un’altra.
– l’antifascismo è insito in qualsiasi manifestazione democratica e pacifica in cui siano assenti xenofobia, violenza e razzismo.
– il lancio di uova non è stato violento, è stato inutile e senza senso ai fini della volontà di raccogliere adesioni tra chi giovedì non c’era.
Rispondo anch’io per punti, rispetto a ciò che riguarda il mio intervento di prima:
– è vero che non tutti quelli che sono intervenuti erano di scipol. La mia voleva essere una provocazione, per far capire che lunedì mi (e non solo a me) era parso di essere ad un’assemblea da esterno. Mentre nelle precedenti assemblee si aveva la sensazione di essere parte di qualcosa, lunedì sembrava più di essere lì per esentire cosa era stato deciso. E questo, in parte, credo abbia portato anche alla bassa partecipazione di giovedì;
– rispetto all’antifascismo, credo anch’io sia un valore assoluto ed inalienabile. Credo anche che non parteciperei ad un movimento che ponesse dei dubbi su questa posizione. Questo è un conto. Diverso è perdersi in discussioni riguardo alla possibile presenza di 2 gatti di FN e su come fronteggiarli. Se loro vogliono fare un loro presidio, che lo facciano non mi riguarda. discorso diverso sarebbe condividere la piazza, ma non era di quello che si parlava.
– rispetto ai lanci di uova. Anch’io non credo sia stato un male immenso e lo inserisco anch’io nel rango delle azioni simboliche. Non ha screditato nulla. Sarebbe stato molto peggio se ai tg si fosse parlato di una manifestazione regionale con una presenza di 300 anime.
Ciao
Ale
solo risposte a punti:
-per quanto riguarda il corteo di giovedì 6, qualsiasi cosa è stata decisa in un’assemblea aperta a tutti che si è tenuta a scienze politiche ed era pubblicizzata sul blog, tanto che io ci sono andato pur non essendo di scienze politiche. uova comprese, e chi ora si lamenta si ricordi la prossima volta di partecipare alle assemblee, visto che sono l’unico momento decisionale.
-inoltre è ora di finirla con la polemica streile e inutile. Se non si sanno le cose è meglio stare zitti che seminare stronzate.e mi riferisco a tutti coloro che dicono che all’assemblea al bo non c’era spazio di parola e che hanno parlato solo quelli del collettivo di scipol. ebbene, poichè prima di parlare è meglio conoscere le cose, in quella assemblea,di tutte le persone che hanno preso la parola, solo DUE erano del collettivo. e lo posso dire perchè conosco, o ho conosciuto in quell’occasione, tutti quelli che hanno parlato.
– il lancio di uova contro la confindustria, premesso che non è nulla di violento, è stata un’azione dimostrativa alla cui base c’è un analisi politica di aquis e del rapporto università-impresa, oltre alle recenti dichiarazioni di confindustria.
-infine, l’antifascismo: una parola che dovrebbe essere sulla bocca di tutti, che sta alla base della nostra costituzione e che frutto della storia. forse qualcuno ha dimenticato non solo il periodo facista, ma le bombe nelle piazze e sui treni, per non parlare delle centinaia di aggressioni degli ultimi anni a danni di persone colpevoli solo di aver un certo stile di vita, un certo tipo di abbigliamento, un certo colore della pelle o orientamento sessuale.
ps:per quanto riguarda la creazione di disagio provate a chiedervi da dove provengono i diritti che oggi abbiamo. ovviamente non voglio fare alcun parallelismo sui metodi di creazione di disagio, visto che son passati 30-40 anni, ma sempre disagio dev’essere.
Ottimo per l’incontro di domattina. Spero ne uscirà una buona discussione. Comunque, secondo me, le domande fondamentali sono:
Chi siamo?
Da dove partiamo?
Dove vogliamo arrivare?
Con quali mezzi?
So che sono domande piuttosto ampie, però credo siano fondamentali.
Ciao
Ale
Lunedì mattina ci sarà una discussione politica alle 10 in atrio di psicologia. Oggi sono uscito con mio papà, spesso ci parliamo addosso e non capiamo niente l’uno dell’altro. Gli raccontavo di un ragazzo con cui ho parlato giovedì sera, che mi informava sulla possibilità di fare una comunicazione a turni, in cui ognuno diceva ciò che pensava in cinque minuti, con la formula “chi dica qualcosa lo dica, chi non ha nulla da dire taccia”. In questi 5 minuti, gestiti da un moderatore, che non vale di più degli altri, ma semplicemente tiene il tempo e da’ il turno alle persone, la persona esprime il suo pensiero. E vi devo dire, la consapevolezza di dover fare un discorso con una fine e un inizio e il sapere che si viene ascoltati e che a qualsiasi cosa si dica, non verrà data risposta immediata e non si verrà interrotti, almeno tra me e mio papà, ha eliminato critiche improvvise e motivate da elementi futili ed ha portato a una percezione del punto di vista (legittimo e narrativamente completo) dell’altro (ma anche del proprio)e ha dato corposità e senso alla comunicazione. Alla fine eravamo entrambi soddisfatti.
Io credo che tra noi di psicologia, rispetto a scipol, nonostante abbiamo già scritto il manifesto, non sia ancora emersa un’idea del nostro movimento, verso cosa va, e come esso debba andarci. Siamo tutti d’accordo sul CONTRO. Ma personalmente credo che il modo in cui scipol abbia gestito il corteo sia stato tanto condiviso. Non per le azioni di per se stesse, ma per il senso e il messaggio dietro ad esse. Domande che vorrei fare lunedì sono:
– Chi sono i nostri interlocutori?
– Cosa vuol dire riorganizzare l’università?
– Cos’è la valutazione dell’università?(sia quella degli studenti, sia il cosiddetto fattore H (che si basa sulle pubblicazioni e le citazioni) questi metodi sono legittimi per valutare i professori? Se no quali?
– Le pari opportunità e il diritto allo studio, per cui si lottava nel 68-69, perché non hanno seguito ad un sistema meritocratico e si sono trasformati in un appiattimento dell’istruzione? Se il sistema meritocratico potesse essere un fondamento dell’università, come dovrebbe funzionare?
– Come siamo cambiati noi, perché siamo partecipi, singolarmente e collettivamente di questo movimento? Quali le nostre speranze? Cosa pensiamo degli studenti che non possono o non vogliono parteciparvi? Come possiamo essere rappresentativi?
– Qual è la difficoltà di creare una nostra linea di movimento e dargli forza? Che rapporto abbiamo con linee più rodate(penso al “prendere il microfono”)?
– Altre altre e proponete…
Mi fa molto piacere questo momento di autocritica, dato che è il primo che sento. Spero che non si perda nel nulla.
Proprio ora, infatti, è più che mai importante iniziare a riflettere ed interrogarsi per porre nuove basi.
Mi spiego.
Siamo partiti con una posizione (che personalmente ritenevo piuttosto qualunquista) del nè di destra nè di sinistra, a noi interessa solo la scuola. Questa era la linea che è uscita giovedì 30/10 in manifestazione. Certo la gente c’era ma per cosa? Che obiettivo c’era? Difendere il nostro piccolo orticello, oppure andare contro un’impostazione politico-economica?
Poi, da lunedì scorso, con l’assemblea al Bò, l’aria è completamente cambiata e il fatto che avessero preso parola quasi solo esclusivamente appartenenti al collettivo di scipol ne è la dimostrazione. Ogni intervento è iniziato con “io sono antifascista”. Il tema principale è stato Piazza Navona e quasi tutti hanno tenuto a sottolineare che in caso ci fosse stata FN in fiera, ci sarebbero stati scontri. In più, la logica talvolta distorta dei movimenti ha preso il sopravvento. Sentire frasi tipo “è legittimo entrare in fiera”, fa rabbrividire. Possibile che ci sia qualcuno che pone quello che è un proprio desiderio come un valore assoluto? Le parole hanno un peso, cazzo (“la libertà è una forma di disciplina” C.S.I.). Ovviamente, questo punto di partenza ha portato ad una manifestazione scarsa e sulla quale non mi soffermo. Non credo che due sacchi di vernice siano una cosa grave, ma piuttosto penso che un corteo di 300 persone sia di poca rilevanza. Non arricchisce e non distrugge. è nullo.
Quindi, a questo punto, la domanda da porsi è: cosa pensiamo di fare?
Venerdì 14 ci sarà la manifestazione a Roma, poi?
Personalmente penso che (prendendo spunto da Logos di lettere), se vogliamo avere un futuro, se abbiamo qualcosa in più da dire oltre a “non toccate la scuola o pago più tasse”/”io sono antifascista, punto”, se vogliamo finalmente avere il diritto di chiamrci movimento (onda personalmente lo ritengo odioso), dobbiamo iniziare a fare il nostro “manifesto programmatico”. Decidere chi siamo, i nostri obiettivi, i nostri metodi… Insomma, siamo tutti studenti di psicologia, no? Ecco, direi che, per dirla come ci hanno insegnato, è ora di definire la nostra cornice teorica di riferimento. Come abbiamo imparato, infatti, senza la teoria non ci potrà mai essere una pratica.
Ok, chiudo la sbrodolata.
Spero che venga accolta questa proposta e che si crei veramente un momento di discussione con questo argomento.
Ciao
Ale
Ps: mi scuso per gli errori di sintassi/grammatica, ma ho scritto tutto di getto.
Quando un movimento si pone degli obiettivi, i metodi e le strategie devono essere in linea con gli stessi al fine di perseguirli. Ciò che è stato attuato giovedì nel frangente “non ufficiale” della manifestazione è un esempio di azione non-strategica ed inefficace. Parlando, a manifestazione conclusa, con i sostenitori di tale modus operandi mi si è presentata in maniera lampante l’incapacità da parte degli stessi di addurre motivazioni plausibili sul perchè adottare i blocchi come metodo di protesta, oltre all’inconsapevolezza rispetto a quale fosse il messaggio che potesse passare dopo tali azioni (tiro al bersaglio compreso)..insomma, ho avuto proprio l’impressione che i blocchi siano più una “voglia” che una strategia ragionata e motivata. La non trasparenza sui vari momenti della manifestazione (il tiro al bersaglio “immobile” era pianificato e conosciuto da una nicchia di partecipanti) è indice di come non siano stati rispettati i patti di condivisione e coerenza assunti come cardini del movimento; il blocco stesso è stato gestito da pochi e secondo gli umori del momento, e quindi decade automaticamente la leggittimità di considerarlo un evento rappresentativo del movimento generale di protesta..non si può nemmeno dire che tutti gli studenti che vi hanno partecipato potessero identificarsi in quel tipo di protesta, non essendo stati informati previamente sulle modalità con cui il blocco sarebbe stato attuato.
Personalmente penso che uno studente sia qualcosa di più che un semplice corpo da piazzare come un sacco di patate in mezzo ad un’incrocio;credo che le “armi” che ci contraddistinguono e che sappiamo padroneggiare meglio sono la cultura, la conoscenza e l’informazione. Sono stati i metodi di partecipazione condivisa, di aggregazione e di sensibilizzazione che hanno permesso di allargare la base dei consensi e di promuovere l’assunzione di posizione attive e propositive sia da parte degli studenti che dei “cittadini altri”. Il “creare disagio” non so proprio cosa potrebbe generare, se non un allontanamento di tutti coloro che non si identificano in tale metodo di protesta (rottura interna), oltre alla creazione di un muro nei confronti di coloro che si potrebbero avvicinare in futuro (rottura verso l’esterno).
Confido quindi in una maggiore chiarezza e trasparenza riguardo a qualsiasi azione futura, nonchè nella volontà di perseguire i fini del movimento attraverso modalità che ne rispecchino l’essenza pacifica e colta.
Ho scritto questo dopo la manifestazione di Giovedì…Ora diciamo, parafrasando un antico detto cinese, questa retta via, che da stolti ammiriamo… cominceremo realmente a percorrerla da saggi?! Oppure ci nasconderemo dietro gli ideali, dietro le politiche, dietro ai “mal governi”?
Cominciando a smettere di cercare, solo in Loro, qualcosa che debbano ascoltare, vedere, riconoscere e fare, ma cominciando finalmente anche noi, in tutto ciò che siamo, diamo e facciamo in modo scontato, ad ascoltarci, a vederci, a riconoscere e ad essere in questo mondo, in modo più critico e consapevole. La paura di metterci in crisi, spesso rende le nostre azioni più basse di quanto vorrebbero essere. Perché siamo anti-fascisti? perché non vogliamo quelli di destra ai cortei?! Perché loro picchiano con spranghe e catene?! Questa è una questione personale. Noi siamo anti-fascisti, poiché ci rifiutiamo, nel nostro agire, e rifiutiamo, nell’agire altrui, il comportarsi “in modo autoritario, reazionario e antidemocratico” e l’imporre “le proprie convinzioni con violenza brutale”(da de mauro paravia). Se all’interno del nostro gruppo ci fosse una frangia che decidesse in questo modo, ed imponesse le proprie idee agli altri, negando o non rispettando il processo democratico, noi ci prendiamo il diritto ed impegniamo, se non esiste altra via possibile, ad escluderla e a distanziarvici. Proprio poiché il nostro gruppo, nasce e si muove in maniera democratica, ci riteniamo anti-partitici e ci rifiutiamo di affiliarci, ufficialmente e non, a qualsiasi gruppo politico che professi un ideologia preformata. Il nostro movimento nasce dalla discussione, se chi deleghiamo come capo, non rispetta le decisioni prese in assemblea e porta il “personale” nell’ “ufficiale”, noi non lo riconosciamo più come tale.
Poi, essendo le assemblee pubbliche, consideriamo che, il parteciparvi o meno, sia una scelta personale, ma che il parteciparvi stesso aumenti le capacità del gruppo di essere rappresentativo degli studenti. D’altro canto, ci impegniamo, come gruppo organizzativo, a informare, a comunicare le idee comuni che abbiamo deciso come fondamento del nostro muoverci e a responsabilizzare, in modo che, qualsiasi persona, in qualsiasi momento, in un atto pubblico organizzato e che porta il suo e il nostro nome, fuori dalle assemblee (come ad esempio una manifestazione), possa scegliere personalmente se affiliarsi o meno a date azioni, comprendendone rischi e doveri morali.
Il nostro quindi è un processo democratico, in cui i partecipanti praticano l’ascolto, trovando l’autorevolezza di ciò che dice una persona in un dato momento, proprio poichè è QUELLA persona, in QUEL momento che lo dice PROPRIO a NOI; persona che d’altro canto, nel suo parlare si rifiuta di conoscere realmente e totalmente il pensiero altrui e quindi lo lascia aperto a discussione e a revisione.
Questo è ciò che ho pensato e scritto dopo la manifestazione…
Ora diciamo, parafrasando un antico detto cinese, questa retta via, che da stolti ammiriamo… cominceremo realmente a percorrerla da saggi?! Oppure ci nasconderemo dietro gli ideali, dietro le politiche, dietro ai “mal governi”?
Cominciando a smettere di cercare, solo in Loro, qualcosa che debbano ascoltare, vedere, riconoscere e fare, ma cominciando finalmente anche noi, in tutto ciò che siamo, diamo e facciamo in modo scontato, ad ascoltarci, a vederci, a riconoscere e ad essere in questo mondo, in modo più critico e consapevole. La paura di metterci in crisi, spesso rende le nostre azioni più basse di quanto vorrebbero essere. Perché siamo anti-fascisti? perché non vogliamo quelli di destra ai cortei?! Perché loro picchiano con spranghe e catene?! Questa è una questione personale. Noi siamo anti-fascisti, poiché ci rifiutiamo, nel nostro agire, e rifiutiamo, nell’agire altrui, il comportarsi “in modo autoritario, reazionario e antidemocratico” e l’imporre “le proprie convinzioni con violenza brutale”(da de mauro paravia). Se all’interno del nostro gruppo ci fosse una frangia che decidesse in questo modo, ed imponesse le proprie idee agli altri, negando o non rispettando il processo democratico, noi ci prendiamo il diritto ed impegniamo, se non esiste altra via possibile, ad escluderla e a distanziarvici. Proprio poiché il nostro gruppo, nasce e si muove in maniera democratica, ci riteniamo anti-partitici e ci rifiutiamo di affiliarci, ufficialmente e non, a qualsiasi gruppo politico che professi un ideologia preformata. Il nostro movimento nasce dalla discussione, se chi deleghiamo come capo, non rispetta le decisioni prese in assemblea e porta il “personale” nell’ “ufficiale”, noi non lo riconosciamo più come tale.
Poi, essendo le assemblee pubbliche, consideriamo che, il parteciparvi o meno, sia una scelta personale, ma che il parteciparvi stesso aumenti le capacità del gruppo di essere rappresentativo degli studenti. D’altro canto, ci impegniamo, come gruppo organizzativo, a informare, a comunicare le idee comuni che abbiamo deciso come fondamento del nostro muoverci e a responsabilizzare, in modo che, qualsiasi persona, in qualsiasi momento, in un atto pubblico organizzato e che porta il suo e il nostro nome, fuori dalle assemblee (come ad esempio una manifestazione), possa scegliere personalmente se affiliarsi o meno a date azioni, comprendendone rischi e doveri morali.
Il nostro quindi è un processo democratico, in cui i partecipanti praticano l’ascolto, trovando l’autorevolezza di ciò che dice una persona in un dato momento, proprio poichè è QUELLA persona, in QUEL momento che lo dice PROPRIO a NOI; persona che d’altro canto, nel suo parlare si rifiuta di conoscere realmente e totalmente il pensiero altrui e quindi lo lascia aperto a discussione e a revisione.
quote—–> “Con la nostra mobilitazione non vogliamo raggiungere il compiacimento o l’aderenza di molti. Ci contrapponiamo alla cultura che sia messa alla mercificazione proponendo una visione e una cultura critica della realtà.”
Bisogna PROPORLA, la visione CRITICA della realtà; anche senza perseguire il “compiacimento o l’aderenza” – (ma allora, perchè protestare per una cosa ritenuta non condivisibile??) – bisognerebbe perseguire almeno la comprensione dei cosidetti “molti”..
e a mio avviso non è, quello che è stato, il modo giusto. Piuttosto provoca solo l’inasprimento e la “pre-clusione” della volontà di comprendere il problema da parte di chi, sfortunatamente – ma molto più diffusamente di quello che crediamo- , ancora non è a conoscenza della crisi di aspettative e speranze di noi giovani di oggi…
La nebbia che vediamo noi davanti, dovrebbe essere s-velata anche agli altri, e non causarne altra su quella che già impera!
Ritengo lo sciopero dei consumi, ad esempio, un’ottima strategia, se portata avanti da un numero realmente rappresentativo… Ma pare Padova dorma abbastanza..
Mi dissocio pubblicamente da questo post.
“Questa città non è solo nostra” va benissimo, ma questa città ne risentirà moltissimo dalla fianziaria 3monti a meno che il governo non dia il contentino a Vincenzo Milanesi.
Con la nostra mobilitazione non vogliamo raggiungere il compiacimento o l’aderenza di molti. Ci contrapponiamo alla cultura che sia messa alla mercificazione proponendo una visione e una cultura critica della realtà.
Dietro il lancio di 6 uova piene di vernice ci sono le dichiarazioni del Rocca e della Marcegaglia.
Il blocco cittadino è solo uno dei tanti modi (condivisibile o meno) di dissenso che la mobilitazione porta avanti.
gian
DEMOLIRE LE MISTIFICAZIONI DELLA TELEVISIONE
Gli studenti possono salvare questo paese.
Perchè sono in grado di capire le mistificazioni dei media e di spiegarle alla gente.
Credo che questa debba essere la priorità.