14 NOVEMBRE 2008: IN MIGLIAIA A ROMA PER MANIFESTARE CONTRO LA 133

 

 

Grande
manifestazione degli studenti, in piazza contro la riforma
"Siamo in 200mila". Sit in pacifico davanti alla Camera

L’assedio dell’Onda a
Montecitorio
gli universitari invadono di Roma

ROMA – Obiettivi raggiunti. Un corteo massiccio e
pacifico, una protesta convinta e colorata, l’assedio di Montecitorio, del
Senato, niente provocazioni né frizioni. "L’onda non si arresta, il potere
non si acquista" hanno scandito ancora una volta le migliaia di
universitari che hanno manifestato a Roma contro la riforma. Duecentomila,
forse di più per gli organizzatori, trentamila secondo la Questura. Ma
Berlusconi, da Washington, commenta: "Una manifestazione certamente molto
inferiore alle aspettative". Confermando che quei ragazzi sono un nervo
scoperto per il governo che probabilmente non si aspettava una reazione così
compatta e matura ai suoi provvedimenti.
Il fatto è che da ieri sera e per tutta la mattinata la Stazione Termini
sfornava ragazzi anche quando la testa del corteo era già via da un po’. Due
cortei degli atenei, che sono diventati uno solo, e da un’altra parte quello di
Cgil e Uil. Una marea colorata che si è ingrossata sempre di più.
Poco dopo le nove erano migliaia in piazza dei Cinquecento. Il corteo c’è ma
non si muove finché non arriva la Sapienza. Ci sono i precari della ricerca con
gli striscioni, "RICERCAti in Europa, senza futuro in Italia" scrive
l’Istituto nazionale di Fisica nucleare, con il sito web che si chiama
buconero.eu. C’è "Geologia in lotta" che protesta "contro la
fossilizzazione della cultura". Arrivano "Pisa per il sapere" e
le superiori che hanno aderito alla manifestazione, "Contro Gelmini,
fascisti e privatizzazione / studenti medi in mobilitazione". L’attesa è
lunga, un camioncino diffonde musica, sul muso c’è scritto "Alitalia
Servizi Airport", come sia finito lì è un mistero. I ragazzi cantano,
ballano, gridano slogan, poi da piazza Indipendenza avanza un muro umano, ecco
la Sapienza che prende la testa del corteo e ci si incammina. Su via Cavour
l’onda appare davvero, è un telone azzurro di quelli dei lavori in corso, lo
fanno ondeggiare sopra alle loro teste. Il corteo di Roma Tre parte dalla
Piramide, arriva al Colosseo e aspetta diligente l’arrivo degli altri,
"quando passa lo spezzone della Sapienza – dice uno al megafono – noi ci
inseriamo dietro". Non ci si ammucchia e non ci si sperde, la struttura
del corteo è solida e così deve restare.
Questo è l’aspetto che più colpisce, oggi. Il più nuovo. Un’organizzazione
senza sbavature. C’è anche il servizio d’ordine, lo stampo è vecchio e sempre
efficace, i cordoni che ci si prende sottobraccio e di qui non si passa, il
percorso è uno e compatti bisogna andare. Lo fanno a piazza Venezia, dove la
Guardia di finanza è schierata sul monumento al Milite ignoto e la polizia è
distante, fra via del Corso e via del Plebiscito, la piazza è libera ma nessuno
si stacca. Un cambio di passo. Il Movimento è diventato adulto. Si staccano,
invece, a largo Argentina, perché va bene marciare composti ma quello che
interessa è là dietro, bisogna farsi vedere. Il fiume si ramifica al grido di
"occupiamo la città", si spandono nelle stradine che portano alla
Camera, la polizia ha blindato ogni accesso ma loro si allargano come l’acqua
che si rovescia dal secchio. E si ricompattano davanti a Montecitorio.
Il sit in andrà avanti fino al primo pomeriggio, fra slogan e fumogeni
colorati, non solo alla Camera, anche intorno al Senato. Le maglie della
protesta si allargano, non c’è solo la Gelmini, "Berlusca stiamo
arrivando", "Siete tutti pregiudicati" gridano verso la facciata
di Montecitorio, e giù fischi per le facce note che passano di lì, prima
Ronchi, poi Casini che si allontana a passo svelto, Paolo Cento invece si ferma
e si diverte un sacco.
L’onda si muove di nuovo. Il servizio d’ordine rifà il cordone, sciamano verso
La Sapienza, in quindici fanno muro davanti agli agenti in assetto
antisommossa, a un certo punto ecco l’intoppo e quelli dietro che gridano
"a-van-ti, a-van-ti". La polizia li guarda, un po’ si confonde perché
dietro alle transenne, fra i reparti, ci sono due infiltrati ma camuffati così
bene che nemmeno loro li riconoscono, un funzionario dice allarmato "che
fanno quei due, che prendono da quello zaino? Ma che, sono dei nostri?" e
un altro gli fa cenno che sì, sono dei nostri, giovani, magretti, i jeans
calati, proprio come sono quelli che sfilano al di là, com’era Carlo Giuliani,
che i ragazzi evocano sfilando davanti ai caschi blu, "Vergogna"
gridano, a meno di 24 ore dalla sentenza sulla Diaz, "Carlo è vivo e lotta
insieme a noi, le nostre idee non moriranno mai".
Se ne vanno fra i turisti che non sanno cosa accade, "manifestescion"
dice un celerino a un’americano. Invadono la piazza del Pantheon e corso
Vittorio, mangiano seduti in terra a piazza Navona, vicino c’è uno striscione
con scritto "Gelmini, facce du’ panini". Li aspetta la Sapienza, dove
in tanti venuti da fuori si fermeranno anche a dormire. E a lavorare: domani e
dopodomani assemblea nazionale perché "non accettiamo i tagli e le
privatizzazioni di Tremonti" e "il decreto del 6 novembre è un
provvedimento di facciata", spiega l’Unione degli universitari. E’ tempo
di controriforma. Quello che gli studenti difendono non è lo status quo ma
l’esistenza stessa del sistema di formazione pubblico. Proposta, non solo
protesta invoca chi l’Onda la vede come fumo negli occhi. E loro ancora una volta
capovolgono gli schemi: dalla Sapienza uscirà la proposta.
(14 novembre 2008) La Repubblica

 

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