Analisi della riforma sulla scuola e della cosiddetta “manovra d’estate”

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Si vuole proporre un’analisi della riforma sulla scuola
firmata dal Ministro Gelmini e della cosiddetta “manovra d’estate”, ovvero la
manovra finanziaria attiva dal 22 agosto ad opera del Ministro Tremonti.


E’ infatti un equivoco piuttosto comune che gran parte delle
proteste studentesche siano rivolte al solo decreto Gelmini. Soprattutto gli
studenti, i ricercatori e i professori universitari hanno (in teoria)
prevalentemente l’obiettivo di farsi ascoltare dal Ministro dell’Economia
Tremonti, il quale ha inserito la maggior parte dei tagli all’interno della
nuova finanziaria.


 

Dal decreto Gelmini


 

Il maestro unico.

Il decreto:


Torna il maestro unico alle elementari. Il che vuol dire che
ogni classe avrà un solo insegnante, mentre attualmente c’è un team di tre
insegnanti ogni due classi, e si ridurrà di tre ore l’attività didattica
rispetto alle attuali 27 ore settimanali.


 

Il commento:


E’ senza dubbio una scelta che può essere o meno condivisa;
da anni pedagogisti di tutto il mondo si interrogano su quale sia il metodo di
insegnamento più efficace. E’ (teoricamente) vero quanto dichiarato dallo
stesso Ministro Gelmini quando afferma che “un insegnante unico, o comunque
prevalente, avrà maggiore attenzione per il bambino che apprende, saprà
modulare e indirizzare la sua azione didattica tenendo conto delle diverse
attitudini, interessi e capacità individuali
”, ma è sicuramente altrettanto
vero quanto affermato invece da Umberto Bossi: “Se c’è un solo insegnante è
più facile che si rovini il bambino, se ci sono più insegnanti almeno qualcuno
è buono
”.


Da un punto di vista più pragmatico, a detta del Ministro
questo passaggio porterà all’aumento del tempo pieno (da 34 a 50 mila classi, in
risposta alle attuali esigenze delle famiglie) al costo di 18000 posti di lavoro
tagliati. Secondo il quotidiano La Repubblica il ritorno al maestro unico e la
riduzione delle ore di lezione alle scuole medie e superiori consentiranno
all’esecutivo di tagliare 87400 cattedre e 44500 posti di personale ATA.


Dai dati PISA sulle scuole italiane sappiamo che le nostre
elementari funzionano meglio delle nostre scuole superiori (che pare lascino
parecchio a desiderare), mentre da ricerche PILS è TIMMS si è evinto che gli
studenti delle elementari sono sopra la media rispetto a quelli di altri paesi
industrializzati per quanto riguarda le capacità di lettura e sotto la media
per quanto riguarda le capacità matematiche. Un’istruzione elementare che forse
non aveva un bisogno urgente di modifiche.


 

Le classi per gli alunni stranieri.

Il decreto:


Verrà rivisto il sistema di accesso degli studenti stranieri
alla scuola di ogni ordine e grado, favorendo il loro ingresso previo
superamento di test e specifiche prove di valutazione, e verranno istituite
classi di inserimento che consentano agli studenti stranieri di frequentare
corsi di apprendimento della lingua italiana, propedeutiche all’ingresso degli
studenti stranieri nelle classi permanenti ( http://www.universinet.it/maturita/98-maturanews/3002-testo-di-legge-mozione-1-00033-cota-su-classi-di-inserimento-per-extracomunitari.html)


 

Il commento:


Perché lasciare che gli studenti stranieri ritardino lo
sviluppo dei bambini italiani? A leggere una domanda posta così, su un piano
puramente teorico, si potrebbe trovare poco da obiettare. I problemi sorgono
però quando si tratta di scendere ad un piano più materiale: prima di tutto, è
vero che gli studenti stranieri rallentano così tanto gli studenti italiani? E
se sì, come vanno organizzate queste “classi di inserimento”?


L’on. Bocchino, invitato alla trasmissione Matrix, spiegava:
“se uno studente vuole iscriversi ad un’università Americana si troverà di
fronte ad un test di accertamento di conoscenza linguistica, perché non
possiamo chiedere lo stesso agli studenti stranieri che vogliono iscriversi da
noi?”. Si legge nel testo della mozione che il test sarebbe da somministrare a
tutte le fasce di età. Quello che l’on. Bocchino non fa è considerare che uno
studente universitario ha almeno 18 anni, e che uno studente delle elementari
al massimo 10, e che l’impatto che un test di lingua (fallito) può avere è ben
diverso: quanto serenamente potrà crescere un bambino di 5 anni che, arrivato
in un paese completamente sconosciuto, si sente dire che non è adeguato a stare
con gli altri bambini? Si sentirà integrato o escluso nel suo nuovo ambiente?


Da un altro punto di vista ci si domanda come possa un bambino
straniero imparare la lingua senza stare con bambini italiani; non solo, come
può infatti un insegnante insegnare l’italiano ad una classe di rumeni,
albanesi, marocchini e chi più ne ha più ne metta?


Purtroppo a queste domande ancora nessuno ha posto risposta,
la proposta sul piano teorico c’è, il modo in cui attuarla ancora no. Intanto è
divenuta realtà.


 

Dalla manovra
Tremonti


 

La stabilizzazione dei precari.

Il decreto:


Con l’emendamento all’articolo 37 bis del 1441 quater (http://precariatingv.wordpress.com/documenti/dl-1441-quater-art-37-bis-approvato-alla-camera)
si vieta alle pubbliche amministrazioni la riassunzione dei dipendenti dopo la
scadenza dei contratti di lavoro di collaborazione coordinata e continuativa e
i così detti contratti di lavoro subordinato. Le assunzioni potranno avvenire
solo tramite concorsi.


 

Il commento:


Sarebbero circa 60mila i precari italiani a rischio di trovarsi
senza un (instabile ma pur sempre presente) posto di lavoro: se gli enti da cui
dipendono non riusciranno a stabilizzarli entro il 30 giugno 2009 dovranno
trovarsi un’altra sistemazione.


Il provvedimento vorrebbe in questo modo tutelare gli stessi
precari, affinché si eviti che questi rimangano nello stesso posto troppo a
lungo (una formazione che vede la frequenza di più ambienti è sicuramente una
formazione più completa) e si sgomini il sistema di favoreggiamento che spesso
si vede negli ambienti di ricerca. L’assunzione tramite concorsi dovrebbe
infine favorire la meritocrazia.


Anche qui però il discorso vale finora solo sulla carta,
tant’è che lo stesso sistema di precariato avrebbe dovuto favorire l’assegnista
di turno che ora invece “vanta” uno stipendio ben poco rassicurante. La parola
meritocrazia è una parola fantastica, certo, ma somiglia tanto ad una chimera:
già ora l’autorevole ricerca scientifica Nature piazza i laureati italiani ai
primi posti delle graduatorie, eppure i posti di lavoro che dovrebbero occupare
si trovano solo all’estero. Senza contare che proprio tra quei 60mila che
potrebbero ritrovarsi senza un lavoro vi sono persone che meritevoli lo sono
veramente (http://www.repubblica.it/2008/09/sezioni/scuola_e_universita/servizi/universita-2009/precari-ebay/precari-ebay.html
e http://www.repubblica.it/2008/09/sezioni/economia/pubblica-amministrazione-1/precari-isfol/precari-isfol.html?ref=search).


E quali concorsi dovrebbero sostenere i migliaia precari con
i tagli che vengono inflitti alla ricerca?


 

I tagli all’università.

Il decreto:


La legge 133 prevede la riduzione annuale, fino al 2013, del
Fondo di finanziamento ordinario e un taglio del 46 per cento sulle spese di
funzionamento. In 5 anni verranno tagliati 1,4 miliardi di euro. Le università
potranno avvalersi di capitali privati anche attraverso la trasformazione in
Fondazioni. Inoltre ogni cinque professori universitari che andranno nei
prossimi anni in pensione gli atenei potranno assumere un solo ricercatore.


 

Il commento:


I tagli all’istruzione e alla ricerca si commentano da soli.
Purtroppo è un periodo di crisi economica e da qualche parte questi vanno
fatti. Ci si domanderebbe semmai perché proprio nel campo dell’istruzione e non
da altre parti, quando per esempio si sa che al Quirinale lavorano più di 2000
persone mentre alla Casa Bianca i dipendenti sono poco più di 400…


Inoltre si perde la possibilità di confermare il tanto
sventolato ideale della meritocrazia, perché il taglio avviene indiscriminatamente
tra le varie università, con buona pace di quegli atenei che vantano una reale
e riconosciuta efficienza.


Riguardo alla trasformazioni delle università in fondazioni
si può anche qui condividere o meno, però almeno due tra le conseguenze di un
tale passaggio non possono venire ignorate: primo fra tutti è l’aumento delle
tasse universitarie, si stima infatti che il prezzo dell’istruzione possa
salire fino a 10.000 euro l’anno; secondariamente, laddove università che non
hanno fini direttamente commerciali, quali Lettere e Filosofia ad esempio,
faticheranno a trovare finanziamenti, altre università potranno vedersi
limitare la libertà di ricerca a seconda delle necessità del mercato a dispetto
di necessità più urgenti.


C’è anche chi delle fondazioni sarebbe contento. Scrive
Gianni Toniolo ne Il Sole 24: “L’articolo 16 del decreto legge sugli
interventi urgenti per l’economia concede agli atenei che lo desiderino la
possibilità di trasformarsi in fondazioni di diritto privato. Ciò potrebbe
innescare quel circolo virtuoso dell’autonomia con responsabilità che la parte
migliore dell’accademia italiana attende da decenni
”.


Da un’analisi della riforma pubblicata all’indirizzo web http://www.meritonella133.tk/ si legge
però che se l’obiettivo della riforma è appunto permettere questa autonomia la
strada intrapresa non è quella giusta: “La legge 133 (art. 16, comma 9)
indica che i fondi pubblici verranno utilizzati per "perequare"
(ossia, bilanciare) i fondi privati: ai più meritevoli, in grado di raccogliere
finanziamenti privati, arriveranno meno finanziamenti pubblici che fluiranno
quindi, in maggiore quantità, ai meno meritevoli. Questo è l’opposto della
meritocrazia tante volte invocata: in molti Paesi vige il principio esattamente
opposto al comma 9, in
base al quale lo Stato premia le università in proporzione ai fondi privati da
esse raccolti, anziché punirle, fornendo oltre al finanziamento ordinario
specifici fondi aggiuntivi (matching grants, con espressione inglese).”
Inoltre
si legge che “nessun criterio meritocratico viene introdotto, nessun
trasferimento di risorse da chi non fa a chi fa viene attuato o anche solo
incentivato. La legge 133 prescrive di qui al 2013 una riduzione del 13% del
finanziamento ordinario all’università senza però intervenire al suo interno e
prefigurando quindi un sistema identico al precedente, con tutti i suoi difetti
e le sue distorsioni, solo rimpicciolito”.


 


Dott. Vanni Martina


Studente presso la Facoltà di Psicologia dell’Università di
Padova

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9 Responses to Analisi della riforma sulla scuola e della cosiddetta “manovra d’estate”

  1. Simone says:

    Ah..volevo precisare che il focus sul finale del mio intervento non era sul fatto che il mondo gira da sempre grazie agli interessi (anche perchè non sono propriamente le parole che ho usato), piuttosto ho solo fatto un piccolo excursus per far notare che se si vuole far leva sull’argomento del “sapere degenerato” significa far leva su qualcosa che è altro rispetto alla 133. è come mettersi a manifestare per la fame nel mondo nel caso in cui i 1,4 miliardi di euro li dssero a noi e non agli affamati nel mondo! è chiaramente un non-senso visto così ma è formalmente uguale, solo che degli affamati in africa ce ne frega meno.

    si…semplicemente dico…non cerchiamo dei pretesti per protestare (bel gioco di parole). non mi pare che tu abbia fatto particolare riferimento a questo fattore nella tua analisi ma è un punto di forza della mobilitazione studentesca che credo meriti qualche momento di riflessione in più.

    Inoltre, se posso permettermi, ritengo che anche l’esposizione soggettiva della situazione, chiaramente supportata da adeguate argomentazioni, possa essere di chiarimento per tutto ciò che riguarda il decreto tremonti-brunetta.

    Quindi se scopo dell’articolo è quello di fare un’analisi del decreto con tanto di commento alle sue conseguenze, credo sia doveroso immettere anche una sorta di critica alla critica per vedere almeno quanto sta in piedi.

    Resto d’accordo con quanto scrivi comunque. Forse lo spazio sotto quest’articolo non era il più indicato a qualche sbilanciamento di questo tipo, ma ho pensato (credo non a torto) che trovare degli spunti di riflessione dopo aver analizzato il decreto non avrebbe fatto male a nessuno…anzi.

    inoltre non ho trovato altro spazio dove fare queste considerazione che invece mi sono sorte spontanee dopo la lettura di quanto hai scritto.

    e poi…ora ho sonno 🙂 notte!

  2. Simone says:

    Ottimo commento martina, quando avrò informazioni dettagliate su prezzi e fondazioni di diritto privato le metterò qui. sempre perchè credo che un’informazione globale (non dico neutrale…per carità) faccia solo bene a fare chiarezza a chi possa sentire un po’ di confusione di fronte a tutto questo macello.

    faccio notare una geniale mossa del Berlusca (geniale e diabolica chiaramente…ma pur sempre geniale) di far mandare in onda un servizio su studio aperto riguardante gil sprechi italiani in fattore ricerca.
    purtroppo devo dire a suo favore che ho avuto anche altre fonti a confermare circa quanto detto..

    anche a questo riguardo cercherò informazioni dettagliate e farò un resoconto su come vegnono in linea di massima investiti i soldi per la ricerca.

    Grazie ancora Martina della disponibilità a cercare di chiarirti nei limiti del chiaribile e per non esserti fatta prendere dai fuochi della rivoluzione cieca.

  3. Vanni Martina says:

    Per rispondere a Simone: la retta della bocconi va dai 4000 a 10000 euro all’anno circa. Il rischio è che tutte le università siano costrette a fare ciò.
    Ora, io non sono un economista e non so come effettivamente girino i soldi all’interno dei macrosistemi, so che quelle cifre vengono citate da molti (vedere anche il dossier proveniente da Pisa) e sono considerate realistiche.

    Non ho espresso nessuna opinione personale cercando invece di riportare i fatti il più obiettivamente possibile; non vedo pertanto la necessità di discorsi come “il mondo gira da sempre grazie agli interessi” o “è tutta colpa degli economisti del *****” perché con lo scopo dell’articolo non hanno assolutamente nulla da spartire.

  4. dobbiamo essere liberi says:

    Allora,se la strumentalizzazione del potere è sempre esistito ma non ce ne siamo accorti perkè sedati dalle enormi puttanate e finte promesse che ci sono state “inflitte” dall’alto,adesso è arrivato il momento di metterlo sul banco degli imputati svegliando le coscienze della gente!ma in qst’ultimo decreto si scorge palesemente il menefreghismo del governo nei confronti di gente (umile e non) che vuole solo arricchire il proprio sapere e dare un senso alla propria esistenza attraverso lo STUDIO e la CONOSCENZA, che per molti possono essere le uniche a garantire un sano benessere psichico!”Loro”, non lasciano spazio alla libera scelta di vita di una persona e vogliono creare persone a loro immagine e somiglianza o ancora peggio mettere da parte quelle persone che non sono nate per essere imprenditori ed economisti del ***** che pensano solo alla loro vita materiale e a soddisfare solo i loro bisogni inerenti ad essa: piaceri, benessere, divertimento e soprattutto senso di onnipotenza che si alimenta solo in uno squallido modo: IL DENARO!!
    e siccome per molta gente è soddifacente e motivante puntare alla saggezza per una gratificazione mentale,impedire a molta gente di accedere ad un sapere laico e libero non sarebbe alquanto giusto(dato che viviamo in una democrazia)!!in tal modo il saggio di Socrate(colui che sa di non sapere) diverrebbe un ignorante a vita!

  5. A says:

    Allora,se la strumentalizzazione del potere è sempre esistito ma non ce ne siamo accorti perkè sedati dalle enormi puttanate e finte promesse che ci sono state “inflitte” dall’alto,adesso è arrivato il momento di metterlo sul banco degli imputati svegliando le coscienze della gente!ma in qst’ultimo decreto si scorge palesemente il menefreghismo del governo nei confronti di gente (umile e non) che vuole solo arricchire il proprio sapere e dare un senso alla propria esistenza attraverso lo STUDIO e la CONOSCENZA, che per molti possono essere le uniche a garantire un sano benessere psichico!”Loro”, non lasciano spazio alla libera scelta di vita di una persona e vogliono creare persone a loro immagine e somiglianza o ancora peggio mettere da parte quelle persone che non sono nate per essere imprenditori ed economisti del ***** che pensano solo alla loro vita materiale e a soddisfare solo i loro bisogni inerenti ad essa: piaceri, benessere, divertimento e soprattutto senso di onnipotenza che si alimenta solo in uno squallido modo: IL DENARO!!
    e siccome per molta gente è soddifacente e motivante puntare alla saggezza per una gratificazione mentale,impedire a molta gente di accedere ad un sapere laico e libero non sarebbe alquanto giusto(dato che viviamo in una democrazia)!!in tal modo il saggio di Socrate(colui che sa di non sapere) diverrebbe un ignorante a vita!

  6. Simone says:

    Strano a me si apre dalla pagina del blog.
    sulla tavola non è specificato se si parli anche dei privati. volendo stracciarla potremmo pensare che in italia la metà degli studenti universitari sia iscritto presso università private (dato a mio avviso folle), in questo caso il mio calcolo verrebbe raddoppiato, quindi un danno per studente di 320 euro all’anno. il fatto che ci sono studenti che hanno le borse di studio è vero. ma questo valore non indica il totale della spesa per studente, indica quanto ogni studente dovrebbe versare per far si che i tagli inflitti dallo stato diventino nulli.
    inoltre: se ipotizziamo che il 10% (mi tengo basso) degli studenti mangia in mensa per (sempre ipotetico) 3 giorni a settimana con un aumento dei pasti di 50 cent cadauno si ottiene:
    1.800.000/100*10=1800.000 (n° studenti)
    180.000*0.50= 90.000 € (€ che paghiamo in più per mangiare in mensa ogni giorno)
    90.000*9=270.000 € (€ che paghiamo in più in mensa per ogni settimana, ipotizzata a 3 gg tenendo conto che c’è chi ci mangia meno e chi ci mangia di più)
    270.000*4=1.080.000 € (soldi che spendiamo in mensa in più al mese);
    1.080.000*8 (mesi)= 8.640.000 € annuali da dividere tra sti poveri 1.800.000 studenti per un ammontare di 48 € annuali per chi mangia in mensa.

    ora:
    50 euro in un anno per chi frequenta le mense universitarie (con questi dati un po’ spannometrici) faccio notare che se avessi aumentato la frequentazione delle mense il costo per studente aumenterebbe ma se aumentassi l’affluenza di studenti aumenterebbe il prezzo totale che viene pagato in più all’anno in mensa dall’utenza (cioè noi) e che quindi va anche questo a colmare una parte (seppur piccola) dei tagli. faccio notare questi particolari perchè questi calcoli che sto portando sono dati a doppio taglio, nel senso che variando in maniera non adeguata i valori si possono avere dei dati favorevoli per sostenere certe tesi piuttosto che altre.

    ci tengo a sottolineare che mi sono tenuto basso con i valori, risulta quindi che anche la spesa annuale in più per la mensa sarà bassa (50 euro all’anno sono una boiata…ci sono un sacco di studenti che spendono molto di più per una serata in discoteca o per una cena al ristorante).

    risulta chiaro quindi che se aumento il valore dei dati aumenterà certamente la spesa per studente annuale ma anche l’ammontare in euro che andrebbe a colmare una fetta maggiore dei tagli.

    mi accanisco su questo tipo di ragionamento per farvi notare che 1,5 miliardi di euro sono un mucchio di soldi ma nelle dinamiche macroeconomiche possono risultare degli spiccioli.

    non riesco inoltre a capacitarmi di come si possa raggiungere la vetta dei 10000 euro annuali quando nelle scuole di specializzazione private (parlo di psicologia) il prezzo medio (delle università private appunto) è di 4000 euro all’anno, che è meno della metà di 10000. (inoltre ricordo che a tasse piene all’università pubblica si pagano quasi 2000 euro).
    non riesco a comprendere ben quindi perchè aumentare a dismisura le tasse universitarie quando comunque nel decreto brunetta-tremonti è specificato che se il bilancio universitario annuale chiude in positivo non potrà esserci nessuna distribuzione di utili e il denaro “avanzato” dovrà essere investito in attività inerenti all’università (ricerca ad esempio).

    il decreto parla di fondazioni di diritto privato, queste (ora vi do delle informazioni un po’ spannometriche ma mi sto informando) non sono da considerarsi come delle università aziende. piuttosto come delle università onlus, cioè delle associazioni senza fini di lucro (poichè non è ammessa una distribuzione degli utili).

    certo capisco benissimo (ed è il punto più spaventoso) tutti i discorsi sulla strumentalizzazione del sapere che non possono che far venire i brividi…
    però il problema non è questa strumentalizzazione ma anche quella che c’è già da un casino di anni!

    e gli studenti di psicologia dovrebbero capire, che la comodità, la non responsabilità, l’interesse economico e politico influenzano da sempre il nostro mondo!! parlo appunto di noi studenti di psicologia perchè le controversie su salute mentale, psicofarmaci, manicomi, matti non si basano solo “su come fare i buoni samaritani” ma anche e soprattutto su interessi di altro genere. chi non se ne rende conto, e spero che siano pochi, mi auguro che non ci arrivi a causa di una dose troppo massiccia di psicofarmaci, almeno avrebbe un motivo valido.

    il problema non è la strumentalizzazione del sapere ora, è la strumentalizzazione del potere da sempre.. credere che sia un problema nuovo è da superficiali.

  7. Vanni Martina says:

    Mi sono accorto solo ora che il link con la traduzione dell’articolo su Nature non è agibile, ne posto un altro: http://italiadallestero.info/archives/1379

  8. Vanni Martina says:

    Devo ammettere che quello dei 10.000 euro è un dato di cui non sono riuscito a trovare una fonte definita, ma è un numero indicativamente proposto da una professoressa di cui non ho però motivo di dubitare. Spero che dall’articolo non si deduca che siano dati certi.
    In ogni caso credo che vadano fatte delle riserve riguardo al tuo calcolo: innanzitutto mi domando se quei 1.800.000 studenti siano tutti studenti in università pubbliche (il link che hai postato non si apre) o comprendano anche studenti di enti privati; se così fosse non andrebbero considerati nel tuo calcolo facendo così aumentare il totale di euro in aumento per chi invece le tasse le paga solo allo stato.
    Ad ogni modo, le tasse non vengono ripartite equamente tra studenti, ad esempio i beneficiari di borsa di studio non le pagano, di conseguenza ancora una volta quei 160 euro di cui parli tu sarebbero destinati ad aumentare.
    Sfortunatamente la matematica non è uno dei miei punti forti, sto solamente cercando di immaginare come possa venire fuori quel numero e potrei sbagliare. Ciò non toglie che nell’articolo è di università private che si parla, non di pubbliche. Le pubbliche forse non raggiungeranno quella cifra, ma il pericolo è che le famiglie siano costrette a mandare i proprio figli in una università privata (dove quelle cifre si raggiungono facilmente) per ottenere un livello di istruzione che l’università pubblica non potrà più garantire.

    Approfitto dell’occasione per citare un editoriale di Nature sulla “riforma” in originale http://www.nature.com/…5/n7215/full/455835b.html e tradotto http://fai.informazione.it/…critica-Berlusconi?v

  9. Simone Bianco says:

    Ciao, bell’articolo, volevo chiedere una precisazione: chi ha stimato gli ipotetici 10000 euro annuali e come?
    la mia non è certo una critica ma vorrei solo capire meglio. volevo far notare inoltre che essendo gli studenti universitari oltre 1.800.000 (fonte istat, tavola 1 http://www.istat.it/…ne/tavoleuniversitario.html) i tagli pari a 1.400.000.000 euro provocati dalla 133 provocheranno un danno ad ogni studente pari a circa 800 euro, da distribuire in 5 anni, quindi un danno annuo di circa 160 euro per studente.
    certo, piuttosto di pagarli noi sembra anche a me più “giusto” che paghino i nostri bei parlamentari però…

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